Ponzio Pilato
(di Felice Celato)
Dopo le polemiche sul patriottismo, torniamo alle nostre (spero più pacifiche) segnalazioni letterarie. Stavolta tocca ad un romanzo (perché di questo si tratta, non ostante il titolo) che ha il pregio, secondo me, della intensità e della profondità (oltre a quello, raro, della brevità). Si tratta di Ponzio Pilato di Roger Caillois, edito da Sellerio nel 2017. L’autore è un francese (nota pedante: si pronuncia Kaiuà, come ho dovuto verificare, appunto per pedanteria) studioso del sacro e dei miti, confesso a me totalmente sconosciuto prima di averne letto questo eccellente racconto.
Come si capisce dal titolo, il libro è incentrato sull’affascinante attore della Passione di N.S. Gesù Cristo e personaggio storico (minore) lui stesso, che deve la sua imperitura memoria, appunto, al ruolo giocato nella vicenda che ha “spaccato” la storia.
Il Pilato di Caillois è un personaggio tormentato ed enigmatico come quello dei racconti evangelici e dei diversi libri scritti anche da grandi autori su di lui; ma, stavolta, in qualche modo fattosi più o meno conscio di essere al più importante crocevia della storia, stretto fra i ruoli ambigui che la vicenda gli assegna (grigio tutore dell’ordine? scettico politico ai confini dell’Impero? ovvero, paradossalmente, persino co-attuatore della Volontà divina, sia pure al prezzo di un marchio infamante?), stavolta – dicevo – Pilato decide secondo un canone di umanesimo radicale del quale, per via di oscure divinazioni, pure coglie vagamente le possibili implicazioni. Come nota un critico (Giorgio Fontana) in un brevissimo saggio che accompagna la narrazione, il Pilato di Caillois risponde a modo di Horkheimer e Adorno alla sua stessa, fatale domanda (Che cos’è la verità?): “C’è solo un’espressione per la verità: il pensiero che nega un’ingiustizia”.
Al di là del romanzo, le cose andarono come sappiamo e il Cristianesimo nacque e crebbe come Altri (per nostra grazia) volle, con buona pace dei filosofi.
La sua scaturigine storica passa per le mani (magari ignare) di uomini fatti come sono fatti, increduli, incapaci di comprendere, vigliacchi, pronti al compromesso, scialbi protagonisti di vicende delle quali spesso nemmeno intuiscono la portata; perché la Redenzione è stata fatta per essi, così come sono fatti; e non ci sono eroi nel suo svolgimento storico (se non Uno). Nemmeno quello (Pietro) che è diventato il primo custode umano dei fatti, si sottrasse all’abominio della rinnegazione, che del resto gli stessi racconti evangelici, a lui e alla sua comunità affidati, né tacquero né cercarono di nascondere (come, pure, sarebbe stato naturale), perché è nella nostra debolezza che si manifesta la Sua forza.
Tornando al romanzo (segnalatomi da un lettore molto attento), non posso che raccomandarne la lettura.
Roma 19 giugno 2017
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