Letture politiche
(di Felice Celato)
Questo
giorno di Pentecoste sarebbe senz’altro quello giusto – anche se il blog non il luogo più propizio – per fermarsi a riflettere sulla luce dello Spirito Santo.
[A proposito: oggi ho sentito – solito posto (al Gesù di Roma), solita ora
(alle 10), solito predicatore (p. De Bertolis) – un bellissima antitesi fra
Babele e la Pentecoste (peraltro credo non nuova; mi pare che una volta la
sentii in un’omelia di Benedetto XVI). Come al solito qui non facciamo sintesi
di omelie (anche quando lo meriterebbero senz’altro); ma una traccia per
ulteriori riflessioni sulle ambizioni degli uomini (venite, costruiamoci una città e una torre che tocchi il cielo, Gn.
11,4) e la potenza dello Spirito della Verità (senza di me non potete fare nulla, Gv. 15,5), forse vale la pena di conservarla. Per i
credenti, intendo; senza nocumento alcuno, però, per i non-credenti…o per gli
ex-credenti].
Tuttavia,
lasciando volutamente da parte la prospettiva religiosa, proprio una sottesa
questione dei linguaggi (post-Babele, per dividere; post-Pentecoste, per
unificare nella Verità) capita a fagiolo rispetto alcune letture politiche di
questi giorni, assai diverse fra loro ma entrambe molto interessanti. E, in
fondo, entrambe intessute di problemi di linguaggio: il linguaggio perduto
della politica che pensa o quello alterato della divulgazione disonesta o
incompetente che sottrae pensiero alla politica (e ai cittadini).
Si
tratta di: Romano Prodi: Il piano
inclinato (Il Mulino, 2017); e, Veronica De Romanis: L’austerità fa crescere (Marsilio, 2017).
Intendiamoci:
si tratta di due letture profondamente diverse. Prodi parla del ruolo della
politica economica nella correzione degli squilibri che bloccano l’ascensore
sociale e frenano lo sviluppo; e lo fa con l’esperienza, il tratto largo e la passione che gli
sono proprie, dimostrando che un pensiero autenticamente politico è ancora
possibile, pur nella Babele delle cacce al consenso senza progetto: per capire meglio cosa ci stia capitando
e che cosa si può fare per evitare che
troppi sassi ci cadano sulla testa. Si può essere d’accordo in tutto o in
parte in quel che dice su molte cose dei nostri assetti politici ed economici o
anche delle idee che propone; ma non si può non riconoscere all’autore una –
ormai rara – solida capacità di progettare,
pensare in grande, in un tempo di pensieri minuscoli. Veronica De Romanis,
invece, affronta un solo tema (per quanto pervasivo), quello – come dice il titolo del libro – dell’austerity che fa crescere, ovvero l’austerity buona (l’espressione credo
sia di Draghi; ma più felice mi pare la proposta della De Romanis di chiamarla
per quello che è: responsabilità) intesa come sobrietà nel modo di governare….esempio
di educazione civica…. risorsa preziosa per i cittadini…vero supporto del capitale sociale, fattore di
crescita per un’amministrazione
intelligente e consapevole, capacità di dire
la verità sulle condizioni reali del paese ed occuparsi dei più deboli, le vere
vittime della propaganda e del conformismo.
Bene:
che cosa in qualche modo “unifica” queste due letture? La capacità di dire
–bene – cose scomode; in un caso (Prodi) mostrando che l’attuale politica non
pensa e quindi non progetta e quindi non ha il senso della sua stessa missione;
e che, continuando così ci troveremo
tutti in una trappola senza sbocco. Nell’altro (De Romanis) dimostrando analiticamente
che le vulgate (lessicalmente pavloviane) sull’austerity eccessiva, recessiva, etero-imposta, ingiusta, inefficace e persino stupida possono
rispondere a miopi esigenze propagandistiche, sia d’opposizione che (purtroppo)
di governo; ma che non rispondono a verità e non portano fortuna né ai paesi
che le bevono né ai politici che le propinano (il libro è ricco di esempi assai
efficaci). Un monito, questo, che faremmo bene ad avere tutti presente, in un paese che si trova in perenne campagna
elettorale (senza peraltro produrre uno straccio di pensiero su che cosa si
può fare per evitare che troppi sassi ci cadano sulla testa), con aspiranti al ritorno alla cloche che continuano (in coro coi populisti d’opposizione) a demonizzare l’austerity che, peraltro, non hanno mai praticato quando (e non per breve
tempo) hanno governato dichiarando di essere ad essa costretti.
Roma,
4 giugno 2017, festa di Pentecoste. Auguri a tutti
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