Guerra e pace
(di Felice Celato)
Che
l’Europa stia vivendo, da 70 anni, il più pacifico periodo della sua storia è
un fatto, credo, di percezione diffusa; anzi, pensiamoci bene, sovranisti dei
miei stivali! E, per una volta, la percezione diffusa non è sbagliata (del resto
i miopi vedono meglio - nel nostro caso: credono di veder meglio - ciò che sta vicino e perdono molto di ciò che sta più
lontano). Sono certo però che se riuscissimo a dare un’occhiata d’insieme al
mondo la nostra percezione ritornerebbe quella di sempre, cioè viziata da
quella forma di miopia che la grande diffusione dell’info-emozione (informazione emozionata) genera in quantità
industriali, anche presso persone normalmente avvedute e, magari, anche dotate di spirito critico.
Eccomi
perciò a segnalare una lettura intelligente (nel senso etimologico della
parola, cioè che capisce volendolo). Si tratta di un interessante contributo di
Max Roser, un giovane economista e geo-scienziato tedesco della Oxford University che ha dedicato le sue
ricerche alla crescita e alla distribuzione delle condizioni di vita nel mondo
e che anima il sito Our World in Data
(v. link, sotto), a mio giudizio una
delle migliori fonti di dati sul nostro mondo, reperibile in rete (fonte già
citata qui in Così ci insegna la Cina, il
post col quale abbiamo cominciato
l’anno).
Lo
studio, dal quale attingo - come avrebbe detto Bersani - la lenzuolata di dati che supporta questo post, è ricco di grafici molto eloquenti, che – per le mie
deficienze nell’uso dell’info-grafica distribuita in rete – non riesco a
travasare qui. Ma una sintesi estrema di qualcuno di essi voglio tentarla lo
stesso.
Cominciamo
dall’Europa (intesa, qui, in senso geografico, compresa la Federazione Russa):
Somma
degli anni passati in guerra da tutti i paesi Europei in ciascun cinquantennio dal 1500 al 2000 (sono comprese, mi pare di capire guardando ai
dati più recenti, le guerre con le cosiddette “colonie”):
Cinquantennio
1500-1550
|
504
|
Cinquantennio
1551-1600
|
507
|
Cinquantennio
1601-1650
|
453
|
Cinquantennio
1651-1700
|
386
|
Cinquantennio
1701-1750
|
294
|
Cinquantennio
1751-1800
|
209
|
Cinquantennio
1801-1850
|
307
|
Cinquantennio
1851-1900
|
283
|
Cinquantennio
1901-1950
|
326
|
Cinquantennio
1951-2000
|
74
|
Bene. Ora passiamo al mondo intero focalizzandoci solo sul sessantennio fra
il 1947 e il 2007; qui possiamo contare il numero annuo dei morti in
battaglia: dal picco del 1950 (quasi 600.000 morti, in gran parte nell’area
Asiatica Sud-Orientale) alle valli del periodo 2000-07 (curva piatta fra i
20.000 e i 16.000 morti per anno, in gran parte in Medio Oriente e nell’Asia
centro-meridionale), passando per un altro picco nel 1971 (380.000 morti,
soprattutto nell’Asia sud-orientale e centrale).
Analoghe
le tendenze se si includono i cosiddetti morti civili (sul concetto avrei
qualcosa da dire, ma lasciamo perdere); molto “confortante” (nello sconforto
che ogni genere di morte violenta suscita) il trend macro-storico che parte dal 1400 (lo si può vedere nel sito).
Si
dirà, non senza percepita ragione,
che, però, negli stessi periodi, le nostre società hanno espresso inaccettabili
forme di violenza privata. Errore! Un grafico – stavolta limitato all’Europa
Occidentale (stesso autore, stesso sito) – dimostra chiaramente il vero e proprio crollo che hanno subito i
dati del tasso omicidiale (numero degli omicidi annui per 100.000 abitanti) dal
1300 ai dì nostri. Qui c’è una nota favorevole per l’Italia: con tutte le
distorsioni informative possibili nei dati su orizzonti plurisecolari, si nota
che Italy has historically had higher homicide
rates than other European countries, but today those rates have reached
Northern European levels. E difatti dopo il picco del 1450 (73 omicidi ogni
100.000 abitanti; ma si era in pieno…Umanesimo!) siamo oggi (e già dal 1962)
ad 1 omicidio ogni 100.000 abitanti, ormai come Germania, Svizzera, Olanda,
Belgio e Francia.
Conclusione,
alla Giovenale: defendit numerus (ab omni
deliratione).
Roma
7 marzo 2017, vigilia della Festa della
Donna.
Link:
Nessun commento:
Posta un commento