sabato 25 febbraio 2017

Kippàh

Proposta contro-corrente
(di Felice Celato)
Non vale certo la pena di occuparsi qui della feccia umana che al grido di “sporco Ebreo!” aggredisce due ragazzi francesi che indossavano la kippàh. E infatti non ce ne occupiamo.
Ma un’idea, fatti simili, me la danno: e se decidessimo di portarla tutti, ebrei e non ebrei, questa kippàh? Non (solo) per fugace protesta o emozionata solidarietà ma per semplice scoperta (o riscoperta) di quel che significa la kippàh: il senso di uno sguardo che viene da sopra le nostre teste, una memoria continua dei limiti della nostra ragione, una mano che sta sulla sommità del nostro capo, senza condizionarci in nulla, solo ricordandoci che c’è.
Non un simbolo distintivo (che pure avrebbe senso, con buona pace degli stucchevoli furori laicisti dei francesi; come lo ha un crocefisso appeso al collo o un velo liberamente indossato o qualunque altra cosa che ci ricordi chi siamo, senza imporci o garantirci alcunché) ma un simbolo associativo nel nome della comune umanità, della comune coscienza della grandezza e dei limiti della nostra ragione (sta infatti, la kippàh, sulla sommità del nostro capo, fra la nostra testa e il cielo), della reverenza che dobbiamo al creato (e al suo Creatore, per chi in Lui crede). Farebbe bene a molti, laici e non.
Roma 25 febbraio 2017


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