sabato 28 gennaio 2017

Inquietudini occidentali

La “noce” Europea
(di Felice Celato)
Mentre un dodicesimo del 2017 se ne è già andato, forse vale la pena di guardarsi attorno per rendersi conto di come il mondo (soprattutto quello lato sensu occidentale) sia cambiato in questi ultimi inquieti mesi; e di ciò che questo significa per noi, in questo confuso brandello d’Europa. Procediamo in modo concentrico.
Gli USA: rovesciando, come scrive Paul Krugman (New York Times del 27 gennaio), 80 anni di impegno Americano per espandere il commercio internazionale, gli Stati Uniti hanno adottato, con l’elezione di Trump,  una rumorosa politica protezionistica i cui effetti (per gli USA stessi e per il mondo intero) non sappiamo. Possiamo ricorrere all’argomento controfattuale di come il mondo nel suo complesso sia straordinariamente migliorato nello stesso periodo non ostante l’enorme crescita della sua popolazione totale (chi vuole rendersene conto concretamente può accedere ai meravigliosi grafici disponibili sui siti OurWorldInData o su Gapminder); oppure, come appunto fa Krugman con riferimento alla stessa economia USA, possiamo argomentare (sempre attingendo dal passato) che ben presto la stessa white working class si renderà conto di quanto è stata folle a credere che Donald Trump fosse dalla sua parte; ma di più non siamo in grado, ora, di vedere.
L’Europa, da parte sua, anch’essa rovesciando stavolta 60 anni di (sia pur tormentati) passi verso l’integrazione, ha cominciato a sgretolarsi: con la Brexit, senz’altro, ma non solo. L’ala marciante del binomio sovranismo-populismo scuote paesi come l’Olanda, la Francia, l’Italia (senza considerare i paesi di più recente europeismo come la Grecia o l’Ungheria o la Polonia) e, presto, vedremo se anche la Germania. Anche qui, con quali esiti ancora non sappiamo, anche se, sempre controfattualmente, possiamo volgerci indietro verso questo lungo mezzo secolo di pace e di prosperità crescente, nonostante la crisi del 2008; e magari anche inquietarci dei rumori di fucili che si sono uditi, dopo tanti anni, sul suo versante orientale. Ma di più non siamo in grado, ora, di vedere.
L’Italia, per proseguire il moto concentrico, l’Italia, dove invece non si rovescia mai nulla, prosegue infiacchita avvolgendosi sulle proprie verbigerazioni o su consunte certezze statolatriche (*). Nel frattempo voto-non-voto-mamma-non-so; per che cosa, poi, veramente, nessuno lo dice; si sa solo contro chi. Anche qui, non siamo in grado (rectius: non sono in grado) di vedere come andrà a finire; posso immaginarlo ma mi fa male tradurre l’immagine in parole.
Ancora una volta mi viene in mente una lettura di cui abbiamo parlato su questo blog: I sonnambuli, di Christopher Clark: tutti i protagonisti della nostra storia [i prodromi della I Guerra Mondiale] filtravano la realtà mediante narrazioni che erano il prodotto di frammenti di esperienza che si saldavano a paure, proiezioni psicologiche e interessi mascherati sotto forma di massime.
All’origine di questo massiccio “esperimento” occidentale e delle sue propaggini Europee, c’è forse il modo con cui abbiamo vissuto le conseguenze non previste (ma prevedibili) della cosiddetta globalizzazione; e se  c’è un filo rosso che unisce le  pulsioni del nostro mondo, sta, forse, come diceva il WSJ di qualche giorno fa (cfr. Spigolature globaliste del 16 gennaio u.s.), in questo scontro fra self-styled patriots e confounded globalists sugli esiti della globalizzazione. Ma certo la strada scelta per ri-settare il sistema non pare quella giusta, per nessuno e massimamente per l’Europa (e per noi, anche se scelte non ne abbiamo proprio fatte); soprattutto perché sembra evidente che non ne siano state calcolate le conseguenze. Diceva giustamente Alesina sul Corriere della sera di qualche giorno fa: sarebbe utile che chi critica la globalizzazione ci spiegasse cosa vuole esattamente. Se solo Donald Trump ce lo ha detto chiaramente (gli interessi americani davanti a tutto), per noi quale sarebbe l’alternativa? Un’Europa di paesi chiusi in sé stessi che non conterebbero assolutamente nulla nell’equilibrio politico mondiale, stretti (come una noce) fra Putin e Trump, entrambi ben felici di vedere un ulteriore sgretolamento del progetto Europeo?
Roma 28 gennaio 2017

(*) Confesso di essere rimasto stupefatto, giusto l’altro ieri, alla presentazione del 29° Rapporto Italia dell’Eurispes. Cerimonia importante, presenti alti magistrati, molti militari, qualche autorità, studiosi, etc; analisi vasta e documentata (il rapporto “cuba” oltre mille pagine); sintesi del Presidente brillante e interessante. Ricetta finale, con autorità di ogni specie plaudenti: “Più Stato, meno mercato”! Commento: non cresceremo mai!





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