giovedì 1 dicembre 2016

Letture

L’imbecillità, hic et nunc
(di Felice Celato)
Sono reduce da una lettura che credevo solo lieve – tanto che l’avevo destinata ad intervallum fra letture molto serie di cui forse vi racconterò in seguito – ed invece si è rivelata un po’ aspra, anche se in molti passaggi veramente brillante.
Si tratta di un volumetto appena edito da Il Mulino (e segnalato su Il foglio del 29 novembre), scritto da un eminente filosofo, Maurizio Ferraris, e intitolato L’imbecillità è una cosa seria.
Togliamoci subito di torno i motivi dell’asperità che vi ho trovato: il libro – per essere gustato appieno – suppone una certa agilità su temi filosofici che proprio io non ho; e così mi è risultato talora difficile seguire, per esempio, alcuni rimandi allusivi e qualche argomentazione anche paradossale su accessi di imbecillità di alcuni grandi pensatori della storia dell’umanità, che costituiscono una parte significativa del succo del libro.
Ma, come dicevo, il breve testo (poco più di 100 pagine) è anche un fitto repertorio di considerazioni acute e divertenti su quello che può considerarsi la chose du monde la mieux partagéel’imbecillità, infatti, è una cosa seria, e non è una cosa per pochi né, soprattutto, per altri.
Il testo, in realtà, evita una precisa “perimetrazione” della imbecillità (*), salvo definirla come cecità, indifferenza o ostilità ai valori cognitivi, che dunque come tale è una colpa (inversa e simmetrica al peccato originale, che consiste in una eccessiva curiosità nei confronti dei valori cognitivi) ed è più diffusa tra chi ha ambizioni intellettualiIl vero miracolo, però, e che mentre del peccatore si piange, dell’imbecille si ride e questa è la titanica grandezza dell’imbecillità, il fatto di essere una disgrazia di cui si può ridere, l’unica tragedia su cui ci può esprimere solo nei termini del divertissement.
E in effetti, lo si capisce chiaramente, il tono dell’autore è tutt’altro che spocchioso e maldicente: in realtà, mi pare di poter dire, Ferraris si diverte non solo a rassegnare alcune palesi imbecillità del suo mondo di intellettuale (senza proclamarsene preservato) e anche del mondo della politica; ma anche sorride del suo proprio esercizio (in effetti è difficile dare dell’imbecille a qualcuno senza che qualcun altro ci inchiodi, e con validi motivi, alla nostra imbecillità) e, in fondo, anche del “male” della imbecillità: le idiozie dei singoli possono trasformarsi in un progresso dell’umanità, se non altro in base all’ovvio principio per cui sbagliando impara, o altri imparano.
Bene. In qualche modo confortati da questo quadro di riferimento intellettuale; accompagnati da così illustri compagnie (discolpate dalla loro stessa grandezza); e, soprattutto, divertiti dalle colte arguzie di Ferraris, non possiamo però esimerci, nel nostro piccolo, dal misurare con preoccupazione  le conseguenze, hic et nunc, del fenomeno, soprattutto tenendo conto che ( cito ancora dal libro)  l'imbecillità è il proprio della modernità perché con le potenzialità espressive offerte dal moderno ( e delle quali, del resto, questo blog è la manifestazione) lo stupido si rivela meglio che in qualunque altra epoca più raccolta e silenziosa (come, purtroppo, sempre questo blog potrebbe – secondo i malevoli – dimostrare).
Temo, per venire all’ hic et nunc,  che il 4 p.v. avremo una imperdibile occasione per misurare le conseguenze dell'imbecillità riversata  a piene mani (da entrambe le parti) su un tema ed un'occasione che - per loro natura - non si sarebbero prestati allo scempio. Intendiamoci bene: non mi riferisco a quello che sarà il risultato (eh! Perbacco! Per definizione democratica il popolo sovrano NON può essere imbecille!); bensì al dopo, quale presumibilmente sarà, sia che vinca il Sì sia che vinca il No. Se vince il Sì – magari mi sbaglio – probabilmente qualcuno si convincerà che aver propalato messaggi di fideistica fiducia nel cambiamento purchessia (**) o messaggi di anti-europeismo  un po’ imbroglione paga; e ne pagheremo le conseguenze. Se vince il No qualcun altro si convincerà che la “spallata-accozzata” fa bene alla sua parte (o meglio alle loro parti) e quindi si innescherà un processo paralitico-elettorale dal quale – personalmente – non mi aspetto nulla di buono.
Vedremo.
Roma, 1°dicembre 2016
 (*) Per esempio, il Devoto-Oli definisce più estesamente l’imbecille come persona di limitata capacità di discernimento e di buon senso o dal comportamento stolido. Acuta invece risulta la notazione caratteriale che Ortega y Gasset (citato nel libro) fa dell’imbecille rispetto al el perspicaz (l’uomo di buon senso): questo, infatti, è perennemente tormentato dal sospetto di essere un imbecille e vede aprirsi difronte a se l’abisso dell’imbecillità (lo confesso: io mi sento perspicaz) mentre l’imbecille è fiero di sé (non vi sorprenderà: io non mi sento fiero di me!).
(**) Per curiosità leggetevi cosa dice il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti (pagina a pagamento su Il Sole 24 Ore) sulle tanto sbandierate “semplificazioni” introdotte per legge.


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