Post referendum
(di
Felice Celato)
Come
si è votato si è votato. Ci abbiano guidato, in un senso o nell’altro, attente
analisi tecniche sul quesito referendario; ci abbiano influenzato le
imbecillità propalate da uno qualsiasi dei due schieramenti; o ci abbia
ispirato solo la connotazione politica del voto (per o contro l’una ovvero per o
contro l’altra “parte”); fatto sta che si è votato (e anche in molti); e il popolo sovrano ha bocciato la riforma
che metteva mano a radicali ma non urgenti modifiche dei nostri assetti
costituzionali. Il risultato si può commentare in modi diversi e non
mancheranno in questi giorni analisi approfondite, più o meno centrate ma
certamente più competenti di quella che si possa abbozzare su questo blog che non si occupa direttamente di politica.
Resta,
per quanto mi riguarda, il consuntivo amaro di questi tre anni, inutilmente
spesi dal paese per rincorrere le modifiche di cui sopra (radicali ma non
urgenti) mentre urgevano ben altre occasioni: quelle (irripetibili?) offerte
dal livello bassissimo del costo del denaro e dell’energia e dalla ripresa
economica europea. Noi, malati di politica politicante, l’abbiamo speso –il kairos di queste occasioni – per cercare
di alleggerire i processi legislativi, del resto già così dinamici in Italia
(vedasi, qui, Defendit numerus/8 del
1°ottobre 2016); per “far credere” che il voto riguardasse la sconfitta della
“casta” o la riduzione dei “costi della politica”; per tentare di riaccentrare
una piccola parte delle disperse politiche del paese; per inutilmente modificare
– per l’ennesima volta – il sistema elettorale, con una legge dissennatamente
centrata solo su uno dei due rami del parlamento (dando per scontato un
risultato referendario che non c’è stato), una legge con la quale,
presumibilmente, non si voterà nemmeno una volta; per varare ( è questo forse
il maggior vanto del governo che oggi si dimette) una promozione
dell’occupazione con incentivi fiscali a termine, insomma, per dirla col
Censis, un’”occupazione senza crescita”…che
nel medio periodo deprime la
produttività, determinando di conseguenza una perdita di competitività da parte
delle imprese (Rapporto, 2016, pg
156).
Con
questo consuntivo in mente, ieri notte abbiamo ascoltato le dignitose e belle
parole del Presidente dimissionario, forse l’unico, tardivo tributo ad una
democrazia seria alla quale continuiamo ad aspirare, forse inutilmente.
Roma
5 dicembre 2016
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