Sguardo semiserio sul 17
(di
Felice Celato)
Tutti quelli che hanno fatto i
miei mestieri sanno che cos’è una SWOT Analysis; ma anche fra di essi ci sono –
di solito i più giovani – coloro che attribuiscono all’esercizio un valore più
solido di quello che in effetti ha. Si tratta, infatti, di un semplice modo di
allineare delle valutazioni (per loro natura in buona parte soggettive)
relative al presente e al futuro di una situazione (tipicamente: una situazione
aziendale) classificandole, quelle riferite al presente, in punti di forza (Strenght, in inglese, ovviamente) e
punti di debolezza (Weakness); e, quelle
riferite al (prevedibile) futuro, in opportunità (Opportunities) e minacce (Threats).
Ne viene fuori, di solito, un “quadrato” di puntuazioni che – a mio giudizio di
“vecchio” mestierante – ha solo il vantaggio di porre in ordine le sparse
riflessioni di chi considera una certa realtà (ripeto: di solito un’azienda),
fra presente e futuro (atteso o sperato? Il confine, nel giudizio degli uomini,
è spesso incerto, come dimostra l’esperienza).
Bene, dopo questa “lezioncina” di management, tentiamo di giocare insieme,
invece che a tombola, come si usa di questi tempi, ad una SWOT Analysis
dell’Italia sul bordo del 2017.
Cominciamo dal presente:
Punti di forza: Beh! Prima di tutto (e come ti
sbagli?) le-cose-che-tutto-il- mondo-ci-invidia: il sole, il mare (anche se
ormai la concorrenza a portata di aereo low
cost si è enormemente allargata), a
pizza ca’a pummarola ‘n coppa, l’insuperabile (e qui sono serio) patrimonio
artistico-culturale; inoltre, un certo (sia pur declinante) residuo di simpatia
della gente, una certa dotazione di infrastrutture turistiche (di qualità
medio-bassa e disomogenea), una buona tradizione del ben mangiare; e poi
un’industria meccanica di qualità, alcune filiere produttive leggere ma tuttora
efficaci.
Punti di debolezza: Eh! Qui il capitolo sarebbe lungo
e, per i lettori di questo blog,
anche noioso: istruzione bassa, cultura debole, classe dirigente scarsa,
burocratismo, giustizialismo, statolatria
dilagante, paradossalmente aggravata dalla debolezza istituzionale,
chiacchieronismo imperante, fatuità, etc; e inoltre debito pubblico
strabordante, fiscalità oppressiva, sistema finanziario debole, avversione
sociale verso l’impresa e, in generale, verso chi fa, etc. etc. etc..
E, ora, ….speranzosamente volgiamoci
al futuro:
Opportunità: qui bisogna essere spiritosi per
vederne: per esempio, i sindaci potrebbero vietare i negozi di sushi al centro per difendere la pasta e
la pizza e a tutela della sacertà del prodotto nazionale; oppure una nuova
legge potrebbe vietare (severamente, eh! perbacco! Qui da noi si fanno solo
leggi severe!) l’arrivo di troppi turisti perché intasano Venezia (nota per le
sue ferventi attività extra-turistiche) o sporcano Roma (nota per la sua
pulizia); oppure si potrebbe organizzare un bel referendum sull’euro; e così via, di idiozia in idiozia. Suvvia! Siamo
un po’ ottimisti: e vedrete che, se ci mettiamo sul filone delle idiozie, le
opportunità di largo successo non mancheranno! Più seriamente: siccome quando
si pensa alle opportunità, si deve necessariamente esser ottimisti e presumere
che si sarà in grado di coglierle, possiamo almeno sperare che l’evidente
fallimento dello stato nel suo ruolo di padre e padrone risvegli finalmente gli
animal spirits di questo nostro paese
in fondo non proprio scemo; ma bisogna esser ottimisti (e this is not my cup of tea, come direbbe un inglese) per pensare che
questo accada nel 2017 con questa classe politica, queste pressioni populiste e
questa temperie europea.
Minacce: la norma di vita è che più sei debole
più grandi sono le minacce che incombono su di te. E dunque, dal presente
abbiamo molto da temere: l’immigrazione gestita come (generosa?) accoglienza
senza (ragionata) integrazione; un rialzo dei tassi di interesse che farebbe
dilatare il deficit pubblico; una
turbolenta fase politica in Europa con elezioni in diversi paesi importanti;
l’effetto Trump sull’Europa e sulla Nato; una nuova ”bolla” di terrorismo; una
nuova crisi finanziaria; un rischio di elezioni anche da noi (con quale legge
elettorale? Boh! Nessuno lo sa ancora); un prevalere del semplicismo come
soluzione per problemi complessi o del pressappochismo come chiave universale
del sapere e del saper fare; un perdurare dello spaccio di loto politico (il
famoso siero della non-verità) che obnubila le menti e infiacchisce le
ginocchia, fino a piegarle.
Vedremo. Il 2016 è stato un brutto
anno e dovrebbe essere naturale sperare che il 2017 sia migliore. Ma, come
diceva un mio vecchio capo dall’accento toscano, il peggio un’è mai morto. E dunque…no! Lasciamo perdere: non vedo
altra via d’uscita che lo sperare (e, magari, chi vuole, pregare).
Roma 26 dicembre 2016
P.S.: un caro amico col quale
discuto spesso di speranze intra-mondane mi ha mandato la foto del suo
nipotino, di nemmeno tre mesi. Beh! Non c’è argomento migliore per sperare: la
vita scorre, noi tramontiamo, altri sorgono; non è difficile attendersi che siano
migliori di noi.
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