lunedì 26 dicembre 2016

SWOT Analysis

Sguardo semiserio sul 17
(di Felice Celato)
Tutti quelli che hanno fatto i miei mestieri sanno che cos’è una SWOT Analysis; ma anche fra di essi ci sono – di solito i più giovani – coloro che attribuiscono all’esercizio un valore più solido di quello che in effetti ha. Si tratta, infatti, di un semplice modo di allineare delle valutazioni (per loro natura in buona parte soggettive) relative al presente e al futuro di una situazione (tipicamente: una situazione aziendale) classificandole, quelle riferite al presente, in punti di forza (Strenght, in inglese, ovviamente) e punti di debolezza (Weakness); e, quelle riferite al (prevedibile) futuro, in opportunità (Opportunities) e minacce (Threats). Ne viene fuori, di solito, un “quadrato” di puntuazioni che – a mio giudizio di “vecchio” mestierante – ha solo il vantaggio di porre in ordine le sparse riflessioni di chi considera una certa realtà (ripeto: di solito un’azienda), fra presente e futuro (atteso o sperato? Il confine, nel giudizio degli uomini, è spesso incerto, come dimostra l’esperienza).
Bene, dopo questa “lezioncina” di management, tentiamo di giocare insieme, invece che a tombola, come si usa di questi tempi, ad una SWOT Analysis dell’Italia sul bordo del 2017.
Cominciamo dal presente:
Punti di forza: Beh! Prima di tutto (e come ti sbagli?)  le-cose-che-tutto-il- mondo-ci-invidia: il sole, il mare (anche se ormai la concorrenza a portata di aereo low cost si è enormemente allargata), a pizza ca’a pummarola ‘n coppa, l’insuperabile (e qui sono serio) patrimonio artistico-culturale; inoltre, un certo (sia pur declinante) residuo di simpatia della gente, una certa dotazione di infrastrutture turistiche (di qualità medio-bassa e disomogenea), una buona tradizione del ben mangiare; e poi un’industria meccanica di qualità, alcune filiere produttive leggere ma tuttora efficaci.
Punti di debolezza: Eh! Qui il capitolo sarebbe lungo e, per i lettori di questo blog, anche noioso: istruzione bassa, cultura debole, classe dirigente scarsa, burocratismo, giustizialismo, statolatria dilagante, paradossalmente aggravata dalla debolezza istituzionale, chiacchieronismo imperante, fatuità, etc; e inoltre debito pubblico strabordante, fiscalità oppressiva, sistema finanziario debole, avversione sociale verso l’impresa e, in generale, verso chi fa, etc. etc. etc..
E, ora, ….speranzosamente volgiamoci al futuro:
Opportunità: qui bisogna essere spiritosi per vederne: per esempio, i sindaci potrebbero vietare i negozi di sushi al centro per difendere la pasta e la pizza e a tutela della sacertà del prodotto nazionale; oppure una nuova legge potrebbe vietare (severamente, eh! perbacco! Qui da noi si fanno solo leggi severe!) l’arrivo di troppi turisti perché intasano Venezia (nota per le sue ferventi attività extra-turistiche) o sporcano Roma (nota per la sua pulizia); oppure si potrebbe organizzare un bel referendum sull’euro; e così via, di idiozia in idiozia. Suvvia! Siamo un po’ ottimisti: e vedrete che, se ci mettiamo sul filone delle idiozie, le opportunità di largo successo non mancheranno! Più seriamente: siccome quando si pensa alle opportunità, si deve necessariamente esser ottimisti e presumere che si sarà in grado di coglierle, possiamo almeno sperare che l’evidente fallimento dello stato nel suo ruolo di padre e padrone risvegli finalmente gli animal spirits di questo nostro paese in fondo non proprio scemo; ma bisogna esser ottimisti (e this is not my cup of tea, come direbbe un inglese) per pensare che questo accada nel 2017 con questa classe politica, queste pressioni populiste e questa temperie europea.
Minacce: la norma di vita è che più sei debole più grandi sono le minacce che incombono su di te. E dunque, dal presente abbiamo molto da temere: l’immigrazione gestita come (generosa?) accoglienza senza (ragionata) integrazione; un rialzo dei tassi di interesse che farebbe dilatare il deficit pubblico; una turbolenta fase politica in Europa con elezioni in diversi paesi importanti; l’effetto Trump sull’Europa e sulla Nato; una nuova ”bolla” di terrorismo; una nuova crisi finanziaria; un rischio di elezioni anche da noi (con quale legge elettorale? Boh! Nessuno lo sa ancora); un prevalere del semplicismo come soluzione per problemi complessi o del pressappochismo come chiave universale del sapere e del saper fare; un perdurare dello spaccio di loto politico (il famoso siero della non-verità)  che obnubila le menti e infiacchisce le ginocchia, fino a piegarle.
Vedremo. Il 2016 è stato un brutto anno e dovrebbe essere naturale sperare che il 2017 sia migliore. Ma, come diceva un mio vecchio capo dall’accento toscano, il peggio un’è mai morto. E dunque…no! Lasciamo perdere: non vedo altra via d’uscita che lo sperare (e, magari, chi vuole, pregare).
Roma 26 dicembre 2016

P.S.: un caro amico col quale discuto spesso di speranze intra-mondane mi ha mandato la foto del suo nipotino, di nemmeno tre mesi. Beh! Non c’è argomento migliore per sperare: la vita scorre, noi tramontiamo, altri sorgono; non è difficile attendersi che siano migliori di noi.


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