giovedì 22 settembre 2016

Stupi-diario zoologico

Un insolito tragitto
(di Felice Celato)
Confesso che non ero più abituato a intense giornate di lavoro (12 ore ciascuna, per di più in inglese) come quelle che ho vissuto in questa prima parte della settimana; perciò che stamane mi sia svegliato stanco non mi sorprende più di tanto. Né mi sorprende – l’ho accennato altre volte – il…torcimento di budella che ogni giorno, e quindi anche stamane, mi suscitano le rassegne stampa mattutine: oggi la colazione era a base di Olimpiadi, fertility day e referendum, tutti temi sui quali le argomentazioni dei nostri politici ciarlieri sono capaci di mettere a repentaglio le mie convinzioni più radicate, per indurmi a pensare che sia meglio fare il contrario di quello che dicono, anche quando – al riparo dalle loro argomentazioni – sarebbe bene, per pura  causalità, fare come dicono.
Insomma, mi sono svegliato proprio male.
Per auto-consolarmi mi sono regalato una lunga passeggiata attraverso Villa Borghese per andare in ufficio; non avrei mai supposto che, alla venerabile età di quasi 68 anni, mi venisse voglia di passare dallo zoo (l’ultima volta che ci ero entrato è coi miei figli ancora piccoli, dunque quasi una quarantina di anni fa). E siccome alla mia età qualcosa bisogna pur concedersi, sono entrato, senza palloncino però (anche perché ora è vietato), pagando – 13 euro –  il biglietto da anziano; la cassiera si è incuriosita del fatto che il primo cliente della mattina  entrasse in giacca e con la borsa da lavoro; le ho spiegato che volevo vedere gli animali dal vero dopo averne sentiti tanti vociare alla radio, e ha riso soddisfatta).
Bene. Dopo tanti e nobili precedenti letterari, non mi cimenterò in esercizi di zoomorfismo della politica italiana….però – non so perché – alcuni animali mi sono rimasti impressi: anzitutto una specie di grosso tacchino, libero di circolare nei viali con un’aria un po’ pomposa, e  dallo sguardo inconfondibilmente gallinaceo ma dal portamento fiero ed arrogante e dal goglottìo (così si chiama il verso del tacchino) altisonante e ininterrotto; due grossi pappagalli che...facevano opposizione da un ramo della voliera, farfugliando ad altissima voce nel loro linguaggio comprensibile (forse) solo a loro stessi; dei lemuri  freneticamente operosi per non fare nulla, del resto come le scimmiette; dei licaoni un po’ fetenti (ho letto che è una loro caratteristica!) dallo sguardo inutilmente fiero (in fondo stanno allo zoo come le più miti gazzelle!); una foca sfiatata che si agitava come se ci fossero mille telecamere a riprenderla; un grosso kulan, un asino asiatico, biondo ed elegante, direi conscio della propria fotogenicità.
Il mio percorso si faceva sempre più ricco di immagini e di (inevitabili) sovrapposizioni analogiche; stavo per entrare nel rettilario quando una telefonata mi ha ricondotto alla realtà, mentre stavo difronte ad un guanaco, una specie di lama, che ruminava pigramente guardandomi incuriosito: così ho dovuto aprire il tablet per spostare un appuntamento, col telefono fra spalla e guancia. Non ci crederete: mi è sembrato che il guanaco mi sorridesse. E accompagnato dal suo sguardo ironico, ho ripreso la strada dell’ufficio.

Roma 22 settembre 2016

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