sabato 17 settembre 2016

Letture

Status quo
(di Felice Celato)
Approfittando di una giornata piovosa e di un violento attacco di insonnia, ho “divorato” il libro di Roberto Perotti Status quo- Perché in Italia è così difficile cambiare le cose (Feltrinelli, 2016).
Dico subito che a mio parere libri come questo (e come quello di Cottarelli, Il macigno, di cui abbiamo già parlato nel maggio scorso) hanno in sé – starei per dire: a prescindere dalle tesi che vi si sostengono – un grande pregio preliminare. Rendono comprensibili, anche a chi non fosse uno specialista, i temi centrali del nostro disagio politico e, forse contro ogni interessato auspicio dei politici, dissipano le fumisterie che circondano i temi economico-finanziari svelando che la percezione della realtà potrebbe essere resa accessibile ai cittadini, solo che si volesse (o solo che, chi dovrebbe volerla, l’abbia egli stesso conseguita!).
Non è un merito da poco, nell’età della post-verità!
Anche qui, come nel caso del libro di Cottarelli, il metodo usato non è quello – deleterio – della banalizzazione, bensì quello della semplificazione dei temi, che è spesso possibile solo a chi veramente li conosce. Peraltro il testo sarebbe dotato di un ampio apparato di note e tabelle, magari destinate alla curiosità dei più confidenti con le materie, disponibile su un apposito sito (www.feltrinellieditore/statusquo) che, però, purtroppo, non sono riuscito ad aprire.
La rassegna dei temi trattati (debito pubblico, austerità, privilegi della classe dirigente, pubbliche amministrazioni, trasporto pubblico locale, Rai, etc) sarebbe solo noiosa e ometto di farla per intero; dirò solo che il senso dell’ampia casistica esaminata è che i falliti tentativi di por mano a qualcuno dei problemi che ci affliggono (ricordiamo che Perotti, come Cottarelli, si è inutilmente occupato di spending review per conto del Governo) non sta solo nella loro oggettiva difficoltà politica (tagliare la spesa pubblica e sempre doloroso, soprattutto in ambiente statolatrico) ma anche nei limiti strutturali della nostra cultura politica, fatta di viste corte, di incompetenze, di provincialismi e di iper-legalismo ormai sconnesso dall’essenza dei problemi e ripiegato su se stesso, prigioniero di un flipper regolamentare che rimbalza i problemi di norma in norma, sempre più lontano dalla soluzione.
Il libro si chiude con un capitolo direi di metodo: come uscirne? Sarà l’insonnia che mi disturba l’umore ma non prevedo successo a questa parte del lavoro di Perotti: vi basti pensare che il suo motto ricorrente è ‘chinare la testa e lavorare’, l’antitesi dell’assai più popolare ‘alzare la testa – e la voce – e chiacchierare’!

Roma 17 settembre 2016

Nessun commento:

Posta un commento