Fuori
centro
(di Felice Celato)
Come forse ho già confessato su questo blog, da molti anni le mie giornate
cominciano con l'ascolto di un paio di rassegne stampa: Radio Radicale ne fa
una quotidiana - ottima - sia per la stampa italiana che per quella estera; ma
per chi “proprio non sopporta i radicali” (e io non sono fra quelli), ce ne
sono anche altre, con altri "difetti" peraltro, che, a me, le rendono
veramente insopportabili (tipicamente: l'interazione telefonica di spesso
sprovveduti cittadini che si improvvisano opinionisti, senza che nessuno abbia
il salutare coraggio civico di dire: “senta, lei sta dicendo una scemenza!”). E l’ascolto
avviene in parte mentre ancora giaccio sul letto, in parte mentre attendo alle
cure mattutine; quindi con la più pacata disposizione di animo che si possa
avere. Quest'esercizio - che quando non avevo tempo di sfogliare molti giornali
ne sostituiva egregiamente la lettura - oggi, che di tempo ne ho, mi guida alla
ricerca di articoli interessanti o curiosi che altrimenti magari mi sarebbero
sfuggiti. E mi fa compagnia al risveglio, sia pure con un panorama di notizie e
opinioni raramente incoraggianti, molto spesso deprimenti.
Bene: da qualche tempo ho maturato la convinzione che,
però, l'esercizio non giova al mio benessere psico-fisico! Anzi, credo che sia
all'origine di quella nausea da
incongruità ambientale che mi accompagna fin da quando metto il naso fuori
della porta.
Insomma, leggendo (o ascoltando ) fatti e commenti, fin
dal primo mattino mi assale uno sgomento, appunto, da soverchiante incongruità,
che poi non mi abbandona fino a sera e finisce per condizionare il mio (di
solito pessimo) umore "politico".
Che cos'è l'incongruità? Dicesi incongruo qualcosa che,
nei fatti, risulti – come dire? – scentrato,
ovvero, meglio, "dominato da
disordine e confusione, inadeguato, sproporzionato per difetto"; come,
in realtà, costantemente mi appaiono - vengo all'eziologia delle mie nausee -
tutte le modalità con le quali - da noi - leggiamo la realtà, la capiamo, la
interpretiamo, tentiamo di commentarla o di comunicarla e (anche) di modificarla.
Non riusciamo più, secondo me, a non essere incongrui,
sia che fingiamo di occuparci dei grandi
problemi che ci sovrastano (ricordate i tre cerchi concentrici, di cui al post del 29 giugno u.s.?), sia che ci
sforziamo di gestire le piccole o grandi emergenze di ogni giorno: la nostra
risposta è costantemente dominata da
disordine e confusione, costantemente elusiva e inadeguata, per dirla col
linguaggio del tressette, sempre "rispondiamo
a coppe quando ci bussano a denari"; e, spesso, non per inadeguatezza
intellettuale ma per miope scaltrezza politica che scambia il contingente beneficio politico di una “bella”
confusione attuale col permanente maleficio
sociologico di una cosciente o incosciente distorsione della realtà prolungata
nel tempo.
Fateci caso: noi siamo sempre “fuori-qualcosa”. Fuori
tempo nel denunciare gli errori, fuori misura nel bilanciamento dei toni, fuori
centro nell’indicare i problemi, fuori tema nel cercare le risposte, fuori
pista nell’individuare i responsabili, fuori dalla realtà quando cerchiamo di
capire il mondo, fuori controllo nel gestire le nostre risorse, fuori campo
quando dovremmo far sentire la nostra voce, fuori corso quando assumiamo
impegni, fuori causa quando c’è da cogliere le occasioni; spesso siamo anche
fuori senno quando c’è da tributare audience
e credibilità a chi proprio non la merita.
Ci siamo così abituati ad essere “fuori centro” che il
centro ci pare un posto di insopportabile congruità.
Roma, 2 settembre
2016
PS: volete fare una prova sperimentale di quello che dico?
Bene: ascoltate, per almeno giorni 3, i commenti all’ennesimo stop del nostro
PIL. In due anni abbiamo perso due punti di PIL verso quello Europeo (fatti
pari a 100 i due PIL, italiano ed europeo, al primo quadrimestre 2014, oggi il
nostro è pari a 101,2 e quello europeo pari a 103,3; cfr. link sotto); ascoltate
e poi mi saprete dire se c’è qualcuno che la racconta giusta.
Nessun commento:
Posta un commento