giovedì 1 settembre 2016

Ri-letture solide

Dieci anni fa
(di Felice Celato)
Quasi tutti i miei amici (anzi tutti, senz’altro) sanno che io considero il discorso tenuto da Benedetto XVI a Regensburg proprio 10 anni fa (per l’esattezza il 12 settembre 2006),  come una pietra miliare nel difficile percorso della fede nel mondo. Non credo che il Papa Emerito vi abbia enunciato qualcosa di nuovo; del resto ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile ad un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove ed antiche (Mt. 13,52); e in fondo, a partire da Sant’Agostino e da San Tommaso d’Aquino, il tema del cruciale rapporto fra fede e ragione è stato lungamente investigato. Ma credo fermamente che la mite e lucida parola di Benedetto XVI abbia rivolto al mondo dei credenti e dei non credenti, nel momento giusto e con la forza giusta, un inclusivo messaggio di strutturata fiducia nell’ampiezza della ragione, riportando sino a Dio (per i credenti) il fondamento ultimo di essa: In principio era il Λόγος (Gv. 1,1) dove – scrive Benedetto – Logos significa insieme ragione e parola, una ragione che è creatrice e capace di comunicarsi ma appunto come ragione. Può sembrare strano – in questo tempo nel quale, a parole, l’amore sembra comunicarsi con maggior successo della ragione – esplicitare il concetto (certamente non nuovo) che Dio non è solo amore ma anche ragione. Eppure già san Paolo (Rm. 12,1) definiva il culto cristiano λογική λατρεία, un culto che concorda con il Verbo eterno e con la nostra ragione; e, aggiunge Benedetto XVI, il Dio veramente divino è quel Dio che si è mostrato come logos e come logos ha agito ed agisce pieno d’amore in nostro favore.
Non è il caso, qui, di andare oltre nell’esplorazione della miniera di pensieri che il discorso di Regensburg (tanto criticato da certi superficiali cultori del politically correct) offre a chi solo lo rilegga attentamente. Basterà, forse, ricordarne la conclusione che pone, al di là di ogni recinto, un principio, non solo teologico, che può avvicinare credenti e non credenti, ben più di ogni generico embrassons nous, nel cercare vie condivise di governo del mondo in questo complicatissimo momento: non agire secondo ragione (σύν λόγω ) è contrario alla natura di Dio.
Ecco, per questo io credo che il messaggio di Regensburg travalichi il suo (tutto sommato non nuovo) contenuto teologico e filosofico (questo era, infatti, l’ambito del discorso): perché pone, con passione per l’uomo, un ponte nuovo ed antico – basato sulla vastità della ragione – fra credenti e non credenti ed aiuta, credo, a leggere la storia (e il presente) con comune intelligenza e premura. Certo, il credente, sa, per rivelazione e fede, che il logos si è incarnato come supremo atto d’amore che travalica ma – ovviamente – non contraddice il logos ( e il Verbo – il Λόγος – si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi….pieno di grazia e di verità, Gv. 1, 14); ma anche che tra  Dio e noi, tra il suo eterno Spirito creatore e la nostra ragione creata esiste una vera analogia, in cui certo le dissimiglianze sono infinitamente più grandi delle somiglianze, non tuttavia fino al punto da abolire l’analogia e il suo linguaggio.
Bene, sin qui il ricordo. Però la memoria si fa insegnamento quando aiuta a leggere il presente e la storia nella loro complessità; senza semplificazioni manichee (di qua i buoni – noi fideles, sia pure con tutti i nostri difetti; e di là gli altri, avidi e materialisti) perché la storia dell’uomo è sempre un inestricabile intreccio di pulsioni diverse, al quale partecipano con eguale responsabilità fideles e non fideles; e senza radicalismi ideologici, perché il ruolo della religione nel dibattito politico è di aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi (sempre Benedetto XVI, stavolta a Westminster Hall nel settembre 2010).
Di qui, credo, non solo una ri-fondazione in chiave religiosa della tolleranza ma anche un atto di straordinaria apertura della fede rispetto al mondo e alla storia, dove, pure, da sempre, la ragione si impasta con le follie dell’uomo.

Roma, 1° settembre 2016

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