Post-truth politics
(di Felice Celato)
Non è certo nuovo, “su queste colonne”, il grido
di dolore per l’eclissi della verità nella nostra società, nella nostra
politica e nella nostra comunicazione (verità con la “v” minuscola, ovviamente, ma anche quella con la “V” maiuscola non brilla per attenzioni e
rispetto); avrei persino difficoltà a
richiamare tutti i post nei quali ce
ne siamo lamentati. Finalmente, però, il tema comincia ad emergere qua e là, in
tutta la sua devastante pervasività: ne ha parlato diffusamente The Economist appena uscito (titolo di
copertina: Art of the lie. Post-truth politics in the age of social
media) e anche il Corriere della sera,
focalizzato sulla campagna di Trump (la
più volgare nell’era della post-verità).
Dunque è post
verità (post-truth) il termine
(fulminante, bisogna riconoscerlo) col quale, pare dal 2010 e ad opera di un blogger di nome David Roberts, si
addita una cultura politica nella quale (assai difficile la traduzione in
italiano della definizione di Roberts, per via del particolare senso che hanno
in inglese le parole policy e politics) le politics (public opinion
and media narratives) si sono quasi completamente disconnesse dalla policy (the
substance of legislation). Alessandro Ovi, su LinKiesta di qualche anno fa,
aveva spiegato molto efficacemente la differenza fra i due termini (politics e policy) che in Italiano diventano genericamente “la politica”: policy è la ricerca di una via razionale per
risolvere problemi complessi che coinvolgono società, economia e tecnologia;
politics è la ricerca di consensi popolari e la loro aggregazione verso
soluzioni che siano accettate anche se non necessariamente ottimali.
Nihil sub
sole novi, per carità!, almeno
per quel che riguarda l’esercizio del potere. Non so se sia autentica la citazione di
Machiavelli secondo la quale governare è
far credere; ma certamente nel capitolo XVIII de Il Principe, dopo aver raccomandato, appunto al principe, il
modello della volpe e quello del leone (bisogna
adunque essere volpe a conoscere e’lacci e lione a sbigottire e’ lupi) Machiavelli
precisa che quello che ha saputo meglio
usare la volpe, è meglio capitato. Ma è necessario questa natura saperla bene
colorire, et essere gran simulatore e dissimulatore perché colui che inganna troverà sempre chi si
lascia ingannare….e ogniuno vede
quello che tu pari, pochi sentono quello che tu se’; e quelli pochi non
ardiscono opporsi alla oppinione di molti, che abbino la maestà dello stato che
gli difenda..…Perché el vulgo ne va
preso con quello che pare…e nel mondo non è se non vulgo e pochi non ci hanno
luogo quando gli assai hanno dove appoggiarsi.
Il fatto è che la menzogna o, più modernamente, lo
sviamento della percezione non è più (solo) una
stampella del potere del principe; la mediatizzazione
dell’agire politico come strumento fondamentale per la creazione e il
mantenimento del consenso democratico (i politici d’oggi giorno, a differenza
del principe di Machiavelli, sono soggetti ad una ricorrente verifica delle
loro efficacia) ha fatto sì che, appunto oggi, occorra continuamente mantenere
sotto pressione i meccanismi di formazione di tale consenso; occorra cioè
creare, nei media e coi media, un ambiente costantemente convinto di una certa rappresentazione della realtà,
sia positiva (di supporto al governo) che negativa (di opposizione al governo);
e occorre che noi siamo “immersi” in questa rappresentazione fino al punto da
percepirla come realtà, o meglio ancora come realtà gradita (in un senso o
nell’altro); e gradita perché semplice e
facile da capire, secondo il principio
per il quale gli uomini preferiscono liberarsi delle cose che comportano una
maggior fatica cerebrale (è noto il famoso esperimento raccontato dal premio
Nobel Kahneman: di due notizie false pubblicate una vicina all’altra con
caratteri di stampa diversi è stata creduta quella scritta con caratteri più
chiaramente leggibili).
E’, dunque – questo tempo della post-verità – il tempo della virtualizzazione
della realtà, semplificata per non affaticare, diffusa “viralmente” per
auto-affermarsi e guidata dalla reiterazione per confluire in aggregazioni di
consenso pigro e al tempo stesso saccente. In negativo: chi non si abbandona al
flusso dell’opinione corrente e magari tenta di nuotare contro, è un
rompiscatole, un maverick, un
irritante scettico, un po’ presuntuoso e un po’ elitarista.
Roma 12 settembre 2016 (festa del Santissimo nome
di Maria, auguri a tutte le Marie)
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