sabato 10 settembre 2016

Eccoci qua

Fall is coming
( di Felice Celato)
Si avvicina l’autunno (fall in americano significa autunno…ma anche caduta) e, con esso, riaffiorano, all’attenzione di (quasi) tutti, i temi di sempre che l’agosto aveva aiutato a…mettere in frigorifero (dove, diceva – mi pare – Churchill, si conservano ma ovviamente non si risolvono): le spiagge per fortuna erano piene, complice l’instabilità politica di molte mète concorrenti nel Mediterraneo; le giornate lunghe e luminose, come sempre da noi; c’erano le medaglie delle Olimpiadi; anche molti oratori politici – grazie a Dio – si prendevano qualche vacanza ancorché non sempre silenziosa, come pure si sarebbe auspicato; i giornali erano più smilzi; insomma, tutto (o quasi) si prendeva l’immeritata penichella da sdraio. Malauguratamente e tragicamente c’è stato un terremoto che – è proprio il caso di dirlo – ha dato un violento scossone e ha riportato a galla, nella tragedia,  i mali di sempre che ci affliggono anche quando la terra sta ferma; mali veri o presunti, circoscritti o ampliati dal vocìo, ma comunque pur sempre mali.
Ora, eccoci già a settembre inoltrato: abbiamo già “festeggiato” l’anniversario dell’8 settembre '43 e ci apprestiamo a celebrare l’anniversario (il quindicesimo) di quell’11 settembre che ha cambiato il nostro mondo: in una situazione – occorre ammetterlo – estremamente complessa per tutti (immigrazione, crescita debole, terrorismo, populismi o anti-politica dilagante, Brexit, Europa esausta, Usa senza più ambizione di ruolo e per di più alla vigilia di una strana elezione presidenziale, Medio Oriente in fiamme, Russia e Turchia in manovra, e ora – come se non bastasse – pure le alzate d’ingegno nucleare della Corea del Nord), noi, come al solito, stiamo un po’ peggio degli altri, per lo meno di quelli con cui amiamo confrontarci, anche se con crescente “dis-topia” (l’essere fuori luogo). La nostra crescita (if  any)  è assai più debole di quelle, deboli, del resto dell’Europa; la nostra situazione finanziaria è oggettivamente pericolosa (famosi rapporti a parte!); il debito continua a crescere e tutti in coro invochiamo, convinti, “autorizzazioni” a farne di più; le occasioni ci passano davanti senza che sappiamo più coglierle per risolvere qualche problema ( pensate solo al costo del debito!); ora – per tutto l’autunno – per di più ci lacereremo su una riforma costituzionale che affronta – non saprei dire se risolve(*) – alcuni problemi non urgenti (per esempio : il bicameralismo perfetto, che fin qui non ci ha impedito di essere il paese europeo a più intensa attività legislativa), distraendoci da quelli urgenti che – lo sanno già i miei pochi lettori – sono quelli che impacciano la nostra economia e che ci hanno trasformato in un popolo di statolatri, peraltro consci della scarsa potenza del dio che adorano e dal quale, pure, si aspettano tutto per tutti, sempre: statolatri scettici, direi, ma devoti, avvezzi, cioè, a subire con rassegnazione anche lo stato come fonte di ogni impaccio.
In questo contesto certo non incoraggiante, come romani (di residenza) siamo spettatori di avvilenti pantomime comunali, dove la purezza antropologica degli homines novi si distilla con complicati alambicchi in mezzo a ubriacanti vapori etilici.
Bene, anzi male. Sento già qualcuno, ancora perfettamente abbronzato, dire: ma insomma! vuoi già angustiarci il ritorno?
No, qualche buona notizia ce l’ho e voglio proprio valorizzarla. La prima: Grillo ha assicurato che lui stesso vigilerà sulla nostra sindacatura romana! La seconda: D’Alema sposa decisamente la causa del No al referendum. Ma non perché sia contrario a cambiare la Costituzione, ma perché vorrebbe fosse fatto meglio, lui che di riforme costituzionali se ne intende, sia abortite (bicamerale) che –purtroppo – passate (Titolo V). Ah! La terza: anche la Camusso è per in No, però più blandamente.
Eh! poi non dite che do solo cattive notizie!
Frascati, 10 settembre 2016
Nota (*): beninteso: ho già detto che voterò - quasi convintamente - Sì al referendum, quando ci sarà, se Renzi vorrà; e se l’infelice armamentario delle argomentazioni correnti per il sì, non mi indurrà, mio malgrado, a cambiare idea, solo per rispetto alla mia intelligenza.

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