domenica 20 marzo 2016

I rifugiati e la torta

Porzioni
(di Felice Celato)
Oltre 4 anni fa (il 4 febbraio del 2012) su queste pagine (il titolo del lungo post era Utopie?) abbiamo accennato al mito della decrescita felice, reso alla moda, fra i sazi saggi, da un fortunato libretto di Serge Latouche (Breve trattato della decrescita serena) e abbiamo contrapposto alla decrescita – la concreta utopia (sic!) vagheggiata da Latouche – un’auspicata ricrescita della nostra umanità, se si vuole,  prima ancora che delle nostre economie.
Sento il bisogno di ritornarci sopra, proprio mente si riaffacciano (addirittura in forma dissennatamente referendaria) quesiti che si prestano, nel fondo, ad alimentare una superficiale ostilità allo sviluppo, magari destinata ad attecchire nelle menti più aperte alle mode del “pensiero” suggestivo (temo che su questo argomento dovremo tornare prossimamente).
Eppure proprio in questi ultimi mesi si è imposto alla cronaca delle nostre miopie un tema che dovrebbe farci riflettere: la “sfida” posta alle nostre economie rappresentata dall’”ondata dei rifugiati” che scuote le porte dell’Europa. Certo si può pensare di eluderle, queste “sfide”, o meglio di confinarle al di fuori dei nostri recinti, con muri, guardie e fili spinati. Ma io sono convinto che, al di là dei miserevoli meccanismi che regolano il fragile accordo fra Europa e Turchia, la soluzione di questo enorme problema – che è ben lungi dall’essere contingente, ricordiamocelo – sta proprio lungo la strada intravvista con lungimiranza e capacità di leadership da Angela Merkel.
Ora, questa strada presuppone non una decrescita (felice o infelice che sia) ma una crescita delle nostre economie; una crescita, ben s’intende, realizzata in un quadro di sostenibilità complessiva, con saggezza e lungimiranza, ma pur sempre una crescita. Se si pensa che l’assorbimento di ingenti masse di nuovi cittadini europei possa avvenire semplicemente ripartendo la torta della ricchezza dei vari paesi in fette più piccole di quelle che attualmente spettano a ciascun cittadino, si commette un tragico errore di valutazione, non solo economica ma anche politica; e saranno i dilaganti populismi xenofobi e sicuritaristi, i cultori dei muri e dei fili spinati, a trarne vantaggio, in tutta Europa. Almeno per un po’, finché le “dighe” invocate da alcuni reggeranno (dopo saranno solo le armi a parlare), a loro basterà presentarsi come i tutori delle porzioni di torta cui siamo abituati!
Piaccia o non piaccia, il problema si risolve solo con la crescita, come ha ben capito Angela Merkel, cioè solo con l’allargamento della famosa torta! E facendo dei rifugiati i co-protagonisti di questo allargamento.
Non sarà un caso, credo, se, come ricorda Il sole 24 ore di ieri, il capo economista della Deutsche Bank definisce quest’onda – per la Germania – come “la più grande opportunità economica dalla riunificazione tedesca”; e se il Fondo Monetario Internazionale sostiene che saranno proprio i Paesi che accoglieranno il maggior numero di rifugiati a ricevere una spinta addizionale alla crescita che può arrivare fino all’1,1%, comportando per contro, in Europa, un aumento della popolazione valutato addirittura inferiore allo 0,2%.
Certo, perché questa prospettiva possa diventare una concreta linea politica occorre che la crescita sia una aspirazione condivisa, una convinzione diffusa; bisogna credere che crescere non si può per decreto e che crescere vale la fatica che comporta; che, naturalmente, occorre anche saper gestire  le cosiddette esternalità negative dello sviluppo, perché nulla si produce senza affanno; che la decrescita serena, qualunque cosa voglia dire nel concreto, può essere solo la prospettiva di un futuro che esige muri per confinare all’esterno la pressione di chi ha fame di benessere e non può permettersi di sognare decrescite di sorta.
Roma 20 marzo 2016 (vigilia di primavera e domenica delle palme)


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