mercoledì 16 marzo 2016

Camminando in primavera

Come si fa?
(di Felice Celato)
Come si fa a non essere innamorati dell’uomo? Ci penso sempre mentre cammino per la città a svelti e grandi passi (beh, svelti e grandi! sempre 0,85 metri a passo per 100 passi al minuto!), incontrando mille volti avulsi da ogni strutturata aggregazione fra loro. Come si fa a non cogliere – quando si riesce a dimenticare le forme di imbarbarimento in cui spesso ci annulliamo nei nostri rancori collettivi – la dolcezza dei sentimenti più semplici, l’ingenua fiducia, le speranze, la richiesta di conforto, l’allegra spensieratezza o la tesa angoscia di cui ciascuno è silenzioso portatore?  L’uomo maturo che cammina per strada, avviandosi pensosamente al lavoro, carico di preoccupazioni e di insicurezze; la giovane donna che porta i suoi bambini agli asili nido, parlando al cellulare con la madre; i gruppi di alunni ignari della vita che si scambiano scherzi o ridenti parodie degli insegnanti; il vecchio che chiede l’elemosina, anche ringraziandoti per un imbarazzato gesto di mancanza di monete e ti ringrazia solo per il sorriso che magari gli dedichi; le mature signore che, sedute ad un tavolo di bar, si scambiano mattutine confidenze, sdegni, lamentele e conforto ad angosce familiari, attorno all’immancabile cappuccino evocatore di qualche benessere; il passante di colore che si toglie il cappello passando davanti ad una edicola della Madonna; la giovane donna che ruba alla fretta scampoli di conversazione mattutina col ragazzino che tiene per mano; la giovanissima mamma che copre dal vento il bambolotto umano che porta dai nonni; il vecchio stanco che osserva da una panchina il mondo che gli passa davanti, magari pensando ai figli lontani; la colf filippina che si reca, anche allegra, alla quotidiana fatica e forse alla quotidiana razione di umiliazioni; i giovani seminaristi di qualche lontano paese africano che vanno allo studio quotidiano; la signora di Trastevere che cerca su una bancarella qualche indumento che le dia l’illusione di essere alla moda; lo spremitore di melograni del Bangladesh venuto in Italia a cercare sopravvivenza; le monache che lentamente vanno al mercato per la spesa del convento; la badante che accompagna l’anziana signora alla passeggiatina intorno casa, magari parlandole come fosse una bambina, mentre pensa a chi ha lasciato in patria; lo sdentato clochard improvvisatosi dog-sitter per sentirsi magari amato dal suo illustre guinzagliato; e anche lo yuppie azzimato che crede di fare un lavoro importante, del quale per sua fortuna non ancora conosce le asprezze; la giovane donna che raccoglie in una bottiglietta l’acqua della Madonna del pozzo per portarla a qualche parente malata; la ragazza che scherza coi passanti mentre pulisce una vetrina; il pizzaiolo che fuma sull’uscio del negozio prima di mettere le mani nell’impasto, misurando dalla densità dalle nuvole la quantità di pizza da infornare; la ragazza americana che fa jogging saltellando al semaforo per fare il pieno di ossido di carbonio, felice comunque di correre per la città eterna; l’anziano signore che sul ponte Garibaldi attira i gabbiani con qualche fetta di pane a cassetta, per regalarsi un po’ di rumorosa compagnia per cominciare bene la mattina; la signora “tirata” che si sente bella non ostanti i segni del tempo; i netturbini che fanno una pausa a base di grandi stocchi di pizza;  le ragazzine straniere che sciamano allegre per la città uscendo da qualche bed and breakfast a buon prezzo; tutta questa umanità che cerca, talora trova o si illude di trovare per strada, almeno per poco, speranza, conforto o modesto piacere dalla vita.
Come si fa, dicevo, a non intenerirsi degli affetti veri, della gioia di vivere, della volontà di sopravvivere alle difficoltà, della ricerca di reciproco conforto, della protettiva attenzione o anche solo dell’offerta e della domanda di umanità che tutti esprimiamo sui volti se solo ci dimentichiamo di quello che possiamo rivendicare?  Quando ci penso, mi pare di capire perché Dio, che scruta le anime e non pesa le folle, è innamorato delle sue creature, nonostante tutto.
Roma, 16 marzo 2016


PS: come sempre, la primavera e la luce mi rendono meno cupo; poi passa, però, non temete.

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