martedì 2 febbraio 2016

Una duttile antitesi

Non per, ma
(di Felice Celato)
L’uomo non è per il profitto; ma il profitto è per l’uomo. Ecco, mi pare che questa osata antitesi chiasmica (Dio mi perdoni!) racchiuda tutto il mio pensiero sulla questione che di tanto in tanto riemerge ( sempre più frequentemente) fra comunisti, catto-comunisti, assimilati (e presunti). Ne ho già parlato con un post del 2 maggio 2015 (Sloghiamo gli slogan) e, quindi, non ci torno sopra (chi vuole trovarvi elementi per “contestarmi” non ha che da clickarci sopra e rileggerlo).
Ma la struttura di questa antitesi mi piace; se volete al posto di profitto potete mettere il mercato, così siete perfettamente in linea col pensiero del papa (almeno quello emerito, cfr C.i.V. 36). E, ancora, se volete, potete “manipolare” l’antitesi dicendo, credo fondatamente: l’uomo non è per il lavoro, ma il lavoro è per l’uomo; o anche: l’uomo non è per il denaro ma il denaro è per l’uomo. Insomma, l’uomo non “finisce” negli strumenti di cui vive, non si “annega” o “annulla” in essi, non si “confonde” con essi; ma, invece, questi strumenti servono l’uomo, che è il centro di ogni umanesimo, sia cristiano che non cristiano. Il fatto è che, la vera natura di questo “servizio”,  è l’uomo che la decide, non lo strumento. In questo sta la sublime e terrificante potenza della coscienza.
Anche il più apparentemente “scandaloso” degli esempi appena fatti (l’uomo non è fatto per il denaro ma il denaro per l’uomo) ha, secondo me, una sua radicale fondatezza: pensate al denaro che l’uomo, nella sua storia, ha utilizzato per costruire case, città, ponti, dighe, chiese (o sinagoghe o moschee), opere d’arte immortali o per attuare imprese che hanno cambiato la faccia del mondo (chissà quanto costò l’impresa delle tre caravelle? O quanto costa la ricerca sul cancro nel mondo?); ma anche pensate a quello che l’uomo ha (malauguratamente) speso non solo, follemente, per distruggere ciò che aveva costruito ma persino per annientare i suoi fratelli. Il denaro era lo stesso, non cambiava colore; era la scelta dell’uomo che era diversa!
Si dirà, non senza molte ragioni, che il denaro ha la singolare capacità di esercitare una perversa tentazione (quella del potere insito nell’essere – il denaro – una riserva di umana – e perciò fragile – potenza); e che la esercita forse più di ogni altro” strumento” che fa girare la “vita” del mondo. Non saprei dire se è sempre vero; e se la nota frase forse attinta da  Lutero nella retorica medioevale (“il denaro è lo sterco del diavolo”) riflette con compiutezza la potenza ambigua del denaro. Direi forse di no; e, paradossalmente, confermerei il no anche quando concentrassi l’attenzione sull’uso più facilmente condannabile del denaro, quello bellico: fu un male spendere una massa enorme di denaro per organizzare e attuare lo sbarco in Normandia? E’ stato “lo sterco del diavolo” che ha travolto il nazismo?
Siamo, secondo me, al solito crocevia dove…il traffico è diretto dalla “desta vigilanza”: “bene e male rimangono una possibilità presente in ciascuno, un’alternativa che nulla può cancellare” (G. Cucci e A. Monda: L’arazzo rovesciato, Cittadella, 2010, pg 78); e, anche, amaramente “la linea che separa il bene dal male attraversa il cuore di ognuno. Chi distruggerebbe un pezzo del proprio cuore?” (A. Solzenicyn, citato ne L’arazzo rovesciato, pg 77).
Per tornare al denaro, ogni buon frequentatore del Nuovo Testamento ricorda quei famosi trenta denari, prezzo del tradimento e, pure, del campo del vasaio “per la sepoltura degli stranieri” (Mt. 27, 7); ma forse anche – dobbiamo l’acuta citazione nientemeno che a Margaret Thatcher –  il buon Samaritano che…”il giorno dopo, presi due denari li diede all’oste e gli disse: ‘prenditi cura di lui e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno ’”(Lc. 10, 35); oppure, sublime supremazia dei fini sui mezzi : “Perché non si è venduto quest’olio per trecento denari e non si sono dati ai poveri?....Lasciala stare…perché i poveri li avete sempre con voi; ma me, non mi avete per sempre” (Gv. 12, 5 e sgg).
 Roma, 2 febbraio 2016

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