Mendicanti e
politicanti
(di Felice Celato)
Diecimila
è – pare – il numero dei passi giornalieri raccomandati dall’Organizzazione
Mondiale della Sanità per preservarsi in buona salute. Ed io, sentendo
avvicinarsi l’età in cui la salute diventa per tutti un problema, cerco di
mettere in pratica la “prescrizione” salutistica. La mia inseparabile app mi monitora quotidianamente,
gratificandomi, nella mattinata successiva, di faccine ridenti quando il giorno
prima ho raggiunto l’obbiettivo, e mortificandomi con emoticon di rimprovero quando l’ho mancato; le faccine ridenti
sono, ovviamente, la prima ( e talora l’unica) buona notizia della giornata.
(NB: purtroppo l’app non è sincronizzata
col meteo e perciò non tiene conto dei giorni di pioggia, del resto scarsi in
questo periodo! Dovrò lamentarmene con lo "sviluppatore").
E
diecimila passi (sapete la mia ossessione per i numeri!) sono pari più o meno
8,5 km (infatti, dopo ripetute misurazioni, ho avuto conferma che il mio passo
è mediamente di 85 cm!), corrispondenti a poco più di un’ora e mezzo di cammino (considerato che la mia media è di
5,3 km l’ora!); dunque due ore di cammino (tenete conto dei semafori e delle
piccole soste di cui vi dirò subito!) sono anche uno spazio temporale prezioso
per la mente e lo spirito! Fra l’altro, molti argomenti di questi post nascono proprio in quelle due ore
(e fermati, allora! diranno molti di voi, specie quelli che si sentono comunque
in buona salute!).
Ora,
a Roma, di questi tempi, diecimila passi in zone centrali significano più o
meno 10 mendicanti al giorno incontrati per via (uno ogni mille passi,
mediamente): prevalentemente est-europei o, in area Parioli, Nigeriani (in
realtà, di solito, forse per non sentirsi mendicanti, offrono in vendita
calzini ma accettano di buon grado anche una semplice elemosina); gli Italiani
sono più rari e spesso più “strutturati” nella loro richiesta di aiuto.
Vi
assicuro che vale la pena di “chinarsi” (vedasi il post del 14 7 13, Un verbo di
uso comune, ) per ascoltarli brevemente; fa bene anche a loro sentirsi
interlocutori di qualcuno, anche se questo qualcuno qualche volta si scusa per
aver finito le monetine ("non te preoccupare, amico, me basta un sorriso" mi ha detto una volta l'est-europeo che chiede l'elemosina a via Arenula). E fa bene anche a noi, se ci capita di riflettere
sulle loro storie che sono sempre interessanti (spesso mi dolgo di non essere
un romanziere!).
Bene;
prima di raccontarvi la cosa divertente che mi è capitata oggi, va fatta
un’altra premessa: in Italia siamo soliti fare uso dei cellulari senza alcun
rispetto per l’altrui e per la nostra privacy;
così, sempre camminando, mi capita l’occasione di ascoltare spezzoni di
conversazioni telefoniche ad alta voce che, anch’esse, mi fanno spesso
riflettere.
Dunque
oggi mi sono fermato a parlare brevemente con un mendicante italiano che aveva,
scritta su un cartello indossato come fosse un uomo-sandwich, una storia da raccontarmi, fatta di abbandono e di assenza di ogni supporto da parte di
qualsiasi autorità che lo tutelasse dalle infamie subite. Mentre parlava
proprio di questa assenza, è passato un giovane, vestito con quell’eleganza un
po’ pomposa che è propria di alcuni sè-pensanti “classe dirigente”, che parlava
ad alta voce al suo cellulare, con un forte accento romanesco: “ ce vo’ un provvedimento pe ffà ‘na commissione pe' cercà d’annà a capì qual è
er probblema”.
Inevitabile
un attimo di interruzione delle due chiacchiere col mendicante (mi pare
settentrionale): “Ecco, lo vede – mi fa – questi
devono fare una commissione per cercare di andare a capire qual è il problema;
ma perché non lo domandano a me, qual è il problema!”
Beh!
Come si fa a dargli torto.
Roma,
4 febbraio 2016
Nessun commento:
Posta un commento