giovedì 11 febbraio 2016

Libertà di in-coscienza

Sarà che forse…
(di Felice Celato)
Sarà che forse, come canta Adriana Lecouvreur,  "l'anima ho stanca"; sarà che, appunto,  mi viene sempre più spesso da invocare il Signore con le parole di una splendida preghiera di Sant'Ambrogio (*), "vieni a cercare la tua pecora stanca"; sarà che ho perso ogni fiducia nella capacità dell'attuale, sfibrata società italiana di esprimere valori forti e condivisi e tensioni effettive; sarà che non so immaginarmi politici italiani ( come, per esempio,....beh, lasciamo perdere i nomi) passare, come tanti Innominati, notti inquiete per bilanciare - in coscienza -  riconoscimenti di diritti attuali e precauzioni sul bene comune futuro; sarà che da tempo hanno finito di interessarmi le opinioni di tanti dibattenti cialtroni;  sarà per tutto questo o solo per qualcosa di questo, ma l'attuale dibattito sulle unioni civili e sulle collegate adozioni laterali non mi scalda né - lo confesso - mi suscita interesse alcuno. Anche se, ovviamente, al riguardo ho anch'io le mie idee che, peraltro, ratione materiae, secondo me, mal si prestano ad essere usate come armi di lotta (o di resistenza) politica.
C'è però una cosa che mi fa amaramente sorridere, in questo turbinio di parole che aleggiano impensate: l'uso della libertà di coscienza come chiave di deresponsabilizzazione politica. Sarebbe come dire che la politica per natura imponga una coscienza non libera e che, anzi, solo il suo temporaneo affrancamento da – evidentemente in-coscienti – vincoli possa consentire (eccezionalmente) il dispiegamento di una "coscienza" nel voto.
Lo so bene cosa dicono al riguardo i nostri (noiosi) politicanti: la politica non vincola la coscienza nei dibattiti interni ai partiti (dico io: if any, any more) ma solo nell'espressione del voto in sede parlamentare, una volta che "l'orientamento" del partito sia maturato. Che è come dire: se serve la coscienza, non bastando la scienza delle cose o il semplice buonsenso (di cui peraltro spesso difettiamo), la coscienza della maggioranza del partito prevale sulla coscienza dell'individuo. E dunque sarebbe bene votare, in parlamento, "per partito"; inutile mandare tanti "rappresentanti del popolo", basterebbe attribuire a ciascun partito un voto più o meno pesante in funzione dei voti ricevuti, ma comunque unico (perché unici hanno comunque da essere il pensiero e la coscienza di ciascun partito).
Beh! Non c'è male! Questa soluzione democratica della coscienza, mi dà molto da pensare...
Del resto, se guardiamo indietro alla storia della nostra società, ci rendiamo facilmente conto di che cosa abbia prodotto questo vincolo della politica all'in-coscienza (o alla coscienza del partito): l'abbiamo detto più volte (anche con parole non nostre) la storia del nostro debito pubblico testimonia con forza del fascino politico ( e ahimè sociale)  dell'in-coscienza.
Ma, francamente, ora vedere "brandita" là libertà di coscienza come arma per scombinare la tela di in-coscienti trame tattiche mi pare un paradosso inaccettabile, che "mi scalda" assai più del sottostante dibattito in sé.
Roma, 11 febbraio 2016 ( 87° anniversario dei Patti Lateranensi)

(*) Visto che siamo in quaresima (liturgica! Dal punto di vista "civile" il carnevale è lungi dall'essere finito!) vale la pena di mettere un link per chi voglia leggerla per intero questa sublime preghiera dell'antico Vescovo di Milano (che però, credo, l'aveva scritta per un Avvento).

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