Favole & numeri
(di
Felice Celato)
Complice
un pomeriggio di pioggia, ho dedicato ieri una intera mezza giornata (fatta
salva una breve pausa dedicata ad una passeggiatina veloce, sotto la pioggia,
1800 passi per l’esattezza, per raggiungere il target dei 10.000 passi quotidiani ed evitare la faccina di
disprezzo che il gestore dell’app di
monitoraggio mi avrebbe fatto avere oggi) alla lettura di un libro di Alberto
Bisin (professore di Economia alla New York University) intitolato Favole e numeri (Università Bocconi Editrice,
2013). Il libro (breve e chiaro, anche, credo, per i non versati in materie
economiche, disponibile in e-book)
ricostruisce e smonta con grande verve la tela delle favole (e dei
correlati, diffusi slogan a supporto) che circolavano nel 2013 (e tuttora
circolano, anzi con maggiore scaramazzo,
per usare un termine del commissario Montalbano) su vari aspetti della
(perdurante) crisi economica Italiana, anche con riferimento al suo contesto
europeo (Ue, Euro, Germania, etc) e mondiale (globalizzazione, crisi
finanziaria, crisi dei debiti sovrani, etc).
Nel
consigliarne, anzi raccomandarne vivamente la lettura – fra l’altro anche molto
piacevole – agli amici che spesso tormento coi miei lamenti, non posso tacere
la soddisfazione di avervi trovato, in ordine e con ricchezza di argomenti,
molti dei temi sui quali, in diverse occasioni, ho espresso, qui, il mio
pensiero in materia economica e sulla situazione del nostro povero Paese.
Credo
che valga la pena di passare in rassegna
– nel breve spazio delle 750 parole di un post
di più non si può fare – almeno ad alcune delle conclusioni cui giunge il prof
Bisin, non foss’altro (scusate il compiaciuto egocentrismo) perché possiate
controllare se alcune di esse non siano perfettamente coincidenti con quelle
che, da non economista ma da semplice ma smagato osservatore, avevo allineato
su questo blog, quando, vincendo il
fascino di altri argomenti di conversazione, mi sono avventurato a commentare
quel che malvolentieri leggevo sui giornali Italiani, così ricchi di roboanti (
e noiosi) proclami di tanti nostri politici soprattutto in materia economica
dove normalmente si concentra la loro incompetenza (o insincerità).
Dunque
dice, fra l’altro, Bisin:
- L’Italia ha irresponsabilmente gettato al vento i sostanziali vantaggi in termini di interesse e di inflazione ottenuti con l’euro;
- L’Italia…non cresce da quindici anni nonostante politiche di spesa pubblica abbiano caratterizzato la politica fiscale del Paese da più di vent’anni;
- La stagnante produttività del lavoro in Italia negli ultimi 15 anni è una delle cause di perdita di competitività relativa con la Germania [e non solo con la Germania, NdR];
- I servizi pubblici sono carenti, ma ciononostante l’economia pubblica conta per metà del PIL del Paese;
- L’Italia ha un sistema istituzionale e politico che tende agli eccessi di spesa;
- La tendenza a procrastinare [il riaggiustamento fiscale, NdR] è una proprietà della politica economica…che dipende dalla struttura della politica istituzionale. La struttura istituzionale italiana è tale per cui questa propensione è massima e il debito ne è un mastodontico effetto.
Un
dato di questi giorni, proprio su quest’ultimo tema: in un’ ottima (per
chiarezza, sintesi ed efficacia) presentazione che il Ministro dell’Economia ha
fatto il 6 u.s. alla Scuola di Formazione
Politica del PD viene configurato per il 2016 il conseguimento di un obbiettivo
atteso da quasi dieci anni in Italia (dieci anni di austerity, secondo la vulgata dei politici, durante i quali il
debito pubblico è aumentato del 33%! Figuriamoci che cosa sarebbe accaduto se
non ci fosse stata l’austerity!):
l’inizio di una curva discendente del rapporto Debito/ PIL che, nel 2016,
passerebbe dal 132,8 al 132,4%. E’ poco, un – 0,4%, ma, mi dicevo con
soddisfazione, è comunque un buon primo passo. Bene. Passano 5 (cinque) giorni
e leggo su Il sole 24 ore che ora si
prevede, più aggiornatamente rispetto alle previsioni alla base dell’annuncio
di Padoan (Winter forecast 2016, ad
uso dell’UE), che la prevista
privatizzazione di FS, appunto prevista per il 2016, slitterà al 2017. Eh, che
sarà mai uno slittamento di un anno! Beh, visto che si prevedeva un gettito per
lo Stato di 8 miliardi di € da portare a riduzione del debito pubblico 2016, si
può calcolare facilmente che “lo slittamento” vale qualcosa di più dello 0,5 %
del PIL. Mi sa che anche per il 2016…procrastineremo
l’inizio della riduzione del debito pubblico, salvo un’esplosione del PIL del
quale fatico a vedere i presupposti, data l’aria che tira nel mondo. Ma forse
mi sbaglio, chi vivrà vedrà.
Roma,
13 febbraio 2016
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