domenica 22 novembre 2015

Stupi-diario calcistico

La “religione” del calcio
(di Felice Celato)
Tutti quelli che mi conoscono personalmente sanno che sono molto appassionato di calcio; per la verità seguo, per televisione, quasi tutti gli sport: dal calcio al sumo, dal golf allo snooker, dal motociclismo ai concorsi ippici; e ad un pessimo talk show – cioè a tutti i talk show – preferisco sempre anche il sumo, quando c’è: lo trovo più autentico…..e le energie di quagli omoni mi sembrano meglio impiegate per spingersi fuori del quadrato di quanto non lo siano quelle di certi gaglioffi della politica che si parlano contro come se facessero a capocciate.
Per il calcio però ho una vera passione, non ostanti le delusioni che mi arreca da qualche tempo il “mio” Milan, anche se sono sempre grato al “nostro” Presidente che, nei tempi lontani, tante soddisfazioni ci ha regalato (come presidente del Milan, intendo!).
In questa veste di appassionato, vedo molte partite che sostituiscono più che bene telegiornali ed altre fatuità più o meno faziose; e spesso mi domando che tipo di religiosità hanno i giocatori. Come mai, questo curioso interesse? vi domanderete. Bene, fateci caso: molti giocatori prima di entrare in campo si fanno il Segno della Croce, forse (mi auguro) per pregare Iddio che non abbiano a farsi male. Altri, però, lo fanno dopo avere fugacemente toccato il terreno con la mano destra, come fosse un rito “apotropaico” (così si dice oggi di ogni segno scaramantico), come quando tocchiamo…ferro difronte a qualche ventilato pericolo; e questo toglie – secondo me – molto buon significato al gesto. Altri, invece, ringraziano vistosamente Iddio (alzando gli occhi ed entrambi gli indici al cielo) quando segnano un gol: forse pensano che Dio sia un accanito tifoso; ma allora non si spiegherebbe perché, anche quando qualche avversario segna un gol, talora ringrazia Dio con lo stesso gesto. Forse, penso, tutto sommato a Dio “fa comodo” un bel pareggio, così nessuno si lamenta.
Di alcuni calciatori si sa che hanno un’intensa vita religiosa (per esempio, del “nostro” Kakà si sapeva che era un fervente cristiano); di altri si suppone solo: basti pensare che Hernanes – resosi famoso per le sue citazioni bibliche – è stato soprannominato “il profeta”; di un altro – in questo caso, un grande allenatore e grande ex-calciatore  (del Milan, guarda caso), Trapattoni – rimase famoso il ricorso all’acqua santa per…”esorcizzare” un momento drammatico di una partita.
Come che sia, i riti religiosi – anche quelli di qualche calciatore mussulmano – sono sempre, per me, un segno simpatico, anche se talora di incerta interpretazione: mi sembra bello che questi super-pagati divi del calcio, spesso protagonisti anche nei giornali di gossip, questi ragazzoni pieni di energia e vitalità, sentano, magari confusamente, che, sopra la loro vita piena di glamour, c’è comunque un Qualcuno a cui bisogna rendere conto e magari sperano che anche i gol possano essere portati – come le buone azioni – a “scomputo dei peccati”.
Roma, 22 novembre 2015 (il Milan ha perso con la Juve, ieri, però)


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