Un “ripasso” di filosofia
(di
Felice Celato)
Secondo
voi, in fondo, il mondo vuole (gli uomini vogliono) la verità? Mi pongo spesso
questa domanda alla quale, scarso come sono di cultura filosofica (tre anni di
lontanissimo liceo classico e un pure lontano esame di filosofia del diritto
all’università, veramente poco!), mi viene difficile trovare una risposta
affidante. [Forse sarei appena un po’ più attrezzato, o almeno più aggiornato,
se discutessimo dei rapporti fra la Verità – con la V maiuscola – ed il mondo;
ma qui non è proprio il caso di affrontare questa prospettiva. Le mie idee al
riguardo non sono proprio di moda!]
Il
tema, recentemente ricomparso alla mente a motivo di qualche privato dibattito
con amici, esigerebbe approfondimenti che sono al di là delle mie attuali
possibilità. Però, dagli studi lontani, mi è riaffiorato alla memoria un
filosofo del primo ‘600, Francis Bacon (a scuola lo conoscevamo come Bacone)
che ha dedicato alla conoscenza (fonte della verità, con la v minuscola) alcune
non tramontate riflessioni che vorrei ripercorrere con voi, perché le trovo
quanto mai attuali.
Confesso
che mi sorprendo spesso a pensare che, in realtà, il mondo non la voglia, la
verità; che le preferisca qualche succedaneo ingannevole (spesso lo chiamiamo trasparenza, senza riflettere che non
tutto ciò che traspare è e che non tutto ciò che è traspare), che la voglia
solo quando è comoda perché non propone modelli difficili, non fa fare
sacrifici, non dà pesi da portare quando si vuole essere lievi, non vincola
comportamenti ai quali siamo naturalmente inclinati, supporta la nostra self-indulgence,
non sconvolge abitudini cui ci siamo accomodati, non scuote. E allora ecco che
sopraggiungono gli idola, le false
immagini di cui parlava Bacone, quattro secoli fa (mi sono aiutato, per meglio
ricordare, col vecchio manuale di filosofia ad uso dei licei degli anni ‘60): gli
idola tribus, connaturati alla specie
(tribus, la tribù) umana, la tendenza
a porre nelle cose uniformità, ordine e proporzioni che non vi sono
effettivamente, la tendenza a considerare l’uomo come norma della natura; gli idola specus, derivanti dalla
conformazione psichica o esperienziale di ciascuno, come quelli dell’uomo
platonico che sta nella caverna (specus)
dalla quale vede solo le ombre del mondo e le scambia per realtà; gli idola fori, derivanti dai rapporti fra i
singoli individui (il mercato, forum)e
soprattutto dal linguaggio con il quale li descriviamo convenzionalmente; gli idola theatri, consistenti nelle
suggestioni delle idee che si succedono nel mondo (theatrum).
Ecco,
questi idoli dei quali non riusciamo a liberarci (pensate a quanti idola theatri si sono avvicendati nei
secoli, lasciando scorie spesso dure da cancellare!), come tutte le false
immagini si accomodano nella nostra mente e ci accomodano ad una realtà, spesso
frutto solo del nostro desiderio o della nostra consuetudine con le false
immagini che ci siamo costruiti: secondo la metafora platonica (in Repubblica) se qualcuno ci portasse
fuori della caverna, il sole ci abbaglierebbe e preferiremmo ritornare dentro,
fra le nostre ombre cui siamo abituati e che crediamo la verità del mondo.
Provate
a fare questo esercizio: leggendo il giornale che sfogliamo ogni giorno, andate
a caccia degli idola che vi sono
disseminati e provate a classificarli nell’ordine suggerito da Bacone; alla
fine vi resterà forse, difficilmente classificabile, qualche necrologio (non
tutti, alcuni sono anch’essi pervasi di false immagini), forse la classifica della serie A e i
cannonieri del campionato, e qualche notizia pura, magari anche vera, di solito
confinata in poche righe.
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