Un modo di guardare alla festa
(di
Felice Celato)
Sono
certo che domani saremo tutti in festa! Tutti siamo o siamo stati, nel bene o
nel male, lavoratori; ed è giusto che, per un giorno, tutti assieme,
festeggiamo questo status e i suoi
intensi significati nella vita nostra e nella nostra famiglia, naturale ed
umana.
Se
ripenso alla mia storia personale e familiare, rivedo le fatiche e le ansie –
talora anche le (provvisorie) soddisfazioni – della condizione lavorativa, da ultimo quella
dei miei figli, mia e di mia moglie e, più indietro, fin dove arriva la mia
memoria di affetti ed immagini carissime e ben vivide, dei nostri genitori, dei
miei nonni e, certamente più evanescenti, dei miei bisnonni e, vagamente, dei
miei trisavoli. Tutti lavoratori, uno anche duramente (molto duramente) provato
dal lavoro, fino alla morte per causa di esso.
Per
questo, la festa di San Giuseppe Lavoratore per certi versi mi pare anche, anzi
soprattutto, la festa della famiglia personale ed umana, e della sua storia nel
mondo, celebrata nel nome del santo che fece da padre a Gesù e che Gli fece
anche da maestro nell’arte sua, quella umile di falegname; una figura che fece
del silenzio la sua dimensione, dell’obbedienza la sua missione, che visse la legge come vangelo, cercando la via dell’unità tra diritto ed amore (Benedetto
XVI, L’infanzia di Gesù, Rizzoli
2012).
Bene:
dunque, domani, mi auguro che tutti passiamo, anche brevemente, in Chiesa per
festeggiare questo giorno, anche riandando con la memoria e con la speranza
alla dimensione esistenziale del lavoro, che assorbe tanta parte delle nostre
energie e che – speriamo con tutto il cuore – possa assicurare ai nostri figli
e nipoti un futuro fortunato come, in fondo, lo è stato il nostro passato. Un
ricordo speciale poi (e una preghiera per chi può), spero tutti dedicheremo ai tanti che hanno intristito di morte i nostri mari mentre inseguivano un sogno di pace
e di lavoro che ridesse un senso alla loro vita squassata dalla violenza.
Roma,
30 aprile 2015
P.S.
Mi
giunge voce – spero vera – che alcuni “capi dei lavoratori”, in questo santo
giorno di San Giuseppe Lavoratore, sono soliti organizzare (anzi: mi si dice
che lo facessero già prima che si dedicasse a San Giuseppe Lavoratore questo
primo di maggio) alcune festose riunioni, per celebrare tutti insieme, credo anche con qualche
lieto canto, la santità
del lavoro e ringraziare il Signore per chi il lavoro ce l’ha e pregarLo per
quelli che, dolorosamente, non ce l’hanno e lo cercano con l’angoscia di chi si
sente – ed è – deprivato di una dimensione che, in qualche modo, adorna la
dignità che gli appartiene di natura, come uomo creato ad immagine e
somiglianza di Dio, posto nel mondo ut operaretur terram de qua sumptus [erat].
Non
so se l’informazione è esatta, spero di sì; comunque, se è esatta, certamente
domani i telegiornali ne faranno….. almeno un breve cenno.
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