“Il profitto per il profitto”
(di
Felice Celato)
Sento
echeggiare spesse volte – ahimè, spesso in ambiente cattolico – questo slogan
condannista, che, ne sono convinto, sentiremo ripetere molte volte a supporto
delle retoriche correlate “allo spirito” dell’Expo (iniziativa sulla quale ho
diverse riserve, di altra natura, che non è il caso, per ora, di discutere;
magari ci torneremo sopra ordinatamente).
Vorrei
tentare di svolgere un ragionamento al riguardo, un ragionamento che vorrebbe
essere sereno ma pur sempre un ragionamento; e perciò desideroso di serena (ma
ragionata e ragionante) contraddizione.
Bene:
considerare che la (deprecata da molti) logica del capitalismo consista nella
produzione del profitto per il profitto, mi pare onestamente una
semplificazione buona per gli slogan ma non radicata nella realtà.
Ora,
il profitto è – mi pare incontestatamente – il fine dell’attività economica, un
fine di per sé, credo, nobile, perché orientato alla estrazione di ricchezza (e
quindi di possibilità economiche) dalle diverse attività dell’uomo.
Giustamente, le varie legislazioni dei paesi c.d. capitalisti, pongono numerosi
vincoli alle modalità con le quali questo (giusto) fine possa essere
perseguito: e così, ci sono regolamentazioni dei rapporti di lavoro, della
compatibilità ambientale degli investimenti, dell’uso e della produzione
dell’energia, dell’accesso al credito, delle modalità competitive, etc; e ci sono specifiche discipline per
la tassazione del profitto, in capo a chi lo produce (l’impresa) e a chi lo
percepisce ( i suoi azionisti); e ci sono anche diverse autorità preposte alla
vigilanza sulla osservanza di tali normative (dalle autorità
anti-trust, alle vigilanze bancarie, nazionali, europee e non solo europee;
dalle autorità di borsa alle autorità fiscali, munite anche di specifiche
potestà di polizia tributaria; dagli organismi che tutelano la
standardizzazione di criteri contabili alla semplice magistratura che presidia
l’osservanza delle dettagliatissime norme civilistiche e penali che
disciplinano l’attività di impresa; etc. etc.). Sicchè, l’altro slogan corrente
(un “polifonema”?) per cui il capitalismo sarebbe sempre (per connessione
verbale pavlovianamente ripetuta) sfrenato o selvaggio mi pare, anch’esso,
largamente infondato: poche altre attività dell’uomo sono così regolamentate
come l’attività economica, direi forse nessun’ altra.
Dunque,
credo, un profitto conseguito nel rispetto di queste tante normative è cosa
buona e giusta. O no?
Facciamo
ora un altro passo avanti: chi ricerca il profitto può farlo per puro amore
dell’accumulo di ricchezza: come Paperon de’Paperoni può amare riempire fisici
forzieri di monete. Ma i Paperon de’ Paperoni, con la mania di fare il bagno
nelle monete, esistono solo nei cartoni animati; nella realtà gli accumulatori
di ricchezza, una volta che l’abbiano conseguita (a loro rischio), molto
probabilmente la investiranno, o in altre imprese (ovvero in azioni di
imprese), o in altri titoli, magari obbligazionari (emessi da altre imprese per
finanziare il loro sviluppo o dallo stato per fronteggiare i suoi bisogni) o
anche solo depositandola in banca (la quale, dedotte le riserve obbligatorie imposte dalla
normativa bancaria, ne farà prestito ad altre imprese per finanziare altri
investimenti); oppure le consumeranno, magari per comprarsi lo yacht ( a sua
volta costruito da un’impresa cantieristica, con tanto di ingegneri, impiegati,
operai, etc) o sontuose ville (a loro volta costruite da imprese di
costruzione con tanto di ingegneri, impiegati, operai, etc); etc. etc.
Se
questo quadro è vero, si può dire più sensatamente che il profitto è prodotto
“per il profitto” o che il profitto è prodotto per generare altri investimenti,
altri redditi e, perché no?, altri profitti? Che, macroeconomicamente parlando,
il profitto è un fine o, a sua volta, un mezzo?
Ripeto:
sto parlando del profitto prodotto nel rispetto delle normative che
disciplinano le attività economiche. Se sbaglio, correggetemi; se ho ragione,
ribellatevi con me allo slogan di cui discutiamo!
Roma, 2 maggio 2015
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