(di Felice Celato)
Expo ex ante
E’
partita questa famosa Expo e, come giustamente ha osservato qualcuno, occorre
sperare che l’iniziativa abbia successo; e – anzi – occorre che ciascuno degli
attori dell’Expo faccia, come del resto molti hanno già fatto e tutti i media stanno facendo, ogni sforzo
possibile perché risulti un successo (o quanto meno sia percepita come tale).
Detto
questo, però, voglio mettere in fila alcune mie perplessità, anche col
confessato intento di verificare, magari fra un anno, quando potremo parlare
dell’Expo ex post, se avevo visto
giusto o no; in fondo – per me – anche questo è un utile sottoprodotto di
questo nostro dirci apertamente come la pensiamo, senza paura di sbagliare,
perché sbagliare (ragionatamente) si può, anche quando ci sembra di avere idee
nette.
Dunque:
fin dall’inizio sono (stato) contrario a questa intrapresa, per almeno 5
motivi: (1) anzitutto il “genus”:
queste mostre/ fiere/ conventions
sono ormai ontologicamente superate: comunicazioni, telecomunicazioni,
interconnessioni in tempo reale, etc., fanno di questo tipo di eventi un
qualcosa ormai declinante se non addirittura obsoleto. (2) Poi il “tempus”: l’Italia, ormai da qualche
decennio non è più in grado di gestire progetti complessi che richiedano la coordinata
interazione di Stato, Autorità Locali e imprese private (basta guardare lo
stato delle infrastrutture che avrebbero dovuto supportare l’evento): troppa
ruggine si è accumulata sugli ingranaggi che devono, invece, funzionare in
perfetta sintonia. Bisogna, prima, ricostruire un accettabile grado sin-tonia
civile. (3) Sempre a proposito di “tempus”:
in questo momento l’Italia non è in grado di sostenere decentemente
investimenti ingenti a ritorno incerto e differito. (4) Poi il “modus”: l’Expo è costosa, le analisi che
l’hanno supportata (e quelle sugli utilizzi alternativi delle risorse
finanziarie mobilitate) carenti, l’impatto macroeconomico e gli effetti
permanenti forse largamente sovrastimati, come spesso accade quando gli elementi simbolici prendono il sopravvento sui dati (vedasi in proposito la chiara analisi di
Roberto Perotti Perché l’Expo è un grande
errore, lavoce.info, maggio 2014 http://www.lavoce.info/archives/19567/perche-expo-e-un-grande-errore/);
(5) ancora sul “modus”: a sei mesi
dalla fine della grande Kermesse (dal
Devoto-Oli: solenne festa annuale della
parrocchia che, nei Paesi Bassi e in alcuni luoghi della Francia sett., si
celebra con vistoso apparato folkloristico), nessuno sa quale sarà la
destinazione dell’ area di un milione di mq dove ora sorge il sito espositivo
(e tantomeno come sarà finanziato l’inevitabile riuso della stessa).
Comunque,
necessariamente e patriotticamente, W l’Expo! Magari qualche retorica di troppo
potrebbe esserci risparmiata; ma anche quanto a retoriche, da noi, non si bada
a spese!
Legge elettorale
Bene
o male la legge elettorale è legge. Non mi impalco a dare giudizi tecnici
perché non sono competente e nemmeno voglio diventarlo, tanto il tema mi annoia
e, per certi versi, mi disgusta: sono decenni che l’Italia ha imboccato la
strada - secondo me dissennata – di
cambiare in continuazione legge elettorale, nell’illusione che i problemi
sociologici di una società lacerata dalle discordie possano essere risolti
cambiando il sistema elettorale; sono anni che lo fa, come paradossalmente
dicono i politici “democratici”, “a colpi di maggioranza”; sono anni che si
discute dello stesso tema, in una continua e francamente poco edificante
battaglia di interessi a corto termine; sono mesi che questa legge è in
discussione, confusamente e con geometrie dei consensi continuamente variabili. Dunque, per favore,
nella incertezza degli stessi esperti (vedansi le posizioni, per esempio, di
Ainis, sul Corriere della sera e
D’Alimonte su La stampa e su Il Sole 24 ore), prendiamoci questa
legge e passiamo ad occuparci di cose più rilevanti per la sempre più
obnubilata ripresa economica e occupazionale. Se la nostra società continua ad
essere quella che è, se l’uso del
disprezzo reciproco non verrà abbandonato, se il lyssavirus rabies continuerà ad infettare il paese, non sarà la
legge elettorale a mutarne il destino. E non sarebbe servito a nulla ritardare
la definizione di questa benedetta o maledetta legge, lasciandoci cullare
dall’eterno sofisma se sia più importante il merito (come a me parrebbe, direi
sempre) o il metodo (come invece pare, quasi sempre, agli eredi del sinistrismo
convenzionale).
Basta,
cambiamo discorso! Proprio sul Corriere
della sera, in questi giorni, Danilo Manca ha rimesso in circolo un tema
che, invece, da tempo mi appassiona ed angoscia: diciamoci, chiaramente,
semplicemente (e caritatevolmente), la verità sulle nostre condizioni economiche
e finanziarie, delle quali per intero portiamo la responsabilità non ostanti
gli insperati aiuti che l’economia globale ed Europea ci offrono ancora per un
po’ (da ultimo: Quei tassi a zero che non
ci meritiamo, Manca, CdS del 30 aprile); e mettiamo mano, finalmente, alle
cose che possono veramente ri-svegliare l’Italia che non è morta (forse) ma certamente dorme e sogna (anche agitatamente)!
Roma,
5 maggio 2015 (Ei fu. Siccome immobile, dato
il mortal sospiro…..)
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