sabato 25 aprile 2015

Stupi-diarium imbecillitatis

Chi parla male, pensa male
(di Felice Celato)
Man a mano che, con lo stabilirsi della primavera, mi ritornano le energie, mi ritorna la poco pia voglia di distribuire patenti di imbecillità, anzi, latinamente di imbecillitas ( imbecillitas = debolezza intellettuale o morale).
Data la materia, lo faccio, non ostanti le apparenze, con umiltà perché il tema tragico lo richiede e perché non sono un esperto di problemi dell'immigrazione; ma, per bacco!, se ne legge tanta di imbecillitas che non mi tengo più.
È stato imbecillis (anzi, neutro: imbecille, anche in latino) aver presentato i problemi di Mare Nostrum come problemi di costo. A parte il fatto che non si è mai chiarito se si trattasse di costo pieno o di costo marginale (fatto tutt'altro che meramente tecnico!), abbiamo così messo le premesse per l'esito della trattativa europea sull'argomento: dicevamo che ci costava troppo? Bene ora l'Europa ci mette suoi soldi! E basta, però.
È imbecille piagnucolare di abbandono dell’ Italia da parte dell’ Europa (l’Italia si fa carico di 1,1 rifugiati ogni 1000 abitanti, ben sotto la media Europea, M. Ambrosini, professore di Sociologia delle migrazioni, Univ. di Milano, lavoce.info, 21 4 2015), doppiamente imbecille se chi lo fa è chi invoca, d’altra parte, la riconquista della sovranità monetaria (di cui, notoriamente, in passato abbiamo fatto così buon uso!)
È imbecille far credere che esista un'opzione militare con fantomatici bombardamenti di barconi: come immaginare che si possa fermare una marea mettendo gli occhiali alla luna. A parte le difficoltà politiche di avere, trattandosi di atto di guerra, l'autorizzazione ONU (alla quale credono solo alcuni colpevoli ingenui), non vedrei, fra l’altro, come si possa sceverare fra barche destinate al turpe trasporto di umani o barche destinate alla pesca.
È imbecille seguitare a non porsi il problema nella sua radicalità: l'Europa deve affrontare il problema per quello che è, un problema umanitario di portata globale e forse epocale, che richiede una saggezza umana e una visione del mondo che travalica – temo – le attuali “riserve” di umanità ed intelligenza dei fenomeni.
È imbecille (e irresponsabile) diffondere sentimenti xenofobi, anzi costruendo su di essi effimeri programmi elettoralistici, sapendo che il problema non lo risolvono le barriere.
È imbecille utilizzare le parole (tanto più se a vanvera) per esorcizzare il problema. Un esempio, fra i tanti possibili? L’equazione scafisti=schiavisti può essere un concetto adeguato all’entità dello sdegno ma non alla natura dei fatti. Lo scafista non esercita, infatti, nessun diritto di proprietà sul trasportato, che, seppure costretto, tuttavia accetta di essere trasportato in quelle condizioni e con quei rischi, anzi, addirittura paga per sottoporsi ad essi: coactus, tamen voluit, dice un antico principio giuridico sulla violenza c.d. psichica, ancorché tragicamente costretto dalle proprie condizioni di vita, tuttavia ha voluto  (e pagato per) quel viaggio.
Lo scafista sarà, anzi è, un fetente, un approfittatore spietato, un violento anche sanguinario; ma non è uno schiavista, perché (art. 600 del CP) non si appropria (cioè non esercita ….poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà) di una persona per costringerla a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all’accattonaggio o, comunque a prestazioni che ne comportino lo sfruttamento, ma, in cambio di un turpe pagamento, lo trasporta in un viaggio del quale tutti ormai conoscono i rischi e, alla fine di esso, lo riconsegna – se sopravvive alla durezza del viaggio – in piena, ancorché dura, libertà.
E’ molto rischioso fare queste distinzioni, che sanno di specioso, di fronte ad eventi tanto tragici, che rivelano sentimenti bestiali e sconvolgono le persone solo normali; ma questa mania, tipicamente italiana, di esagerare nell’uso delle parole, sforzandole a significare altro rispetto a quello che si potrebbe dire, mi è diventato insopportabile. “Chi parla male pensa male” diceva qualcuno (che non ricordo).
Bene; finito lo sfogo – che mi distrae dalla caccia alle imbecillitates che corrono sulla coeva questione dei droni – torno a domandarmi: ma non c’è proprio nessuno, fra i tanti distributori di imbecillitates, che semplicemente senta sulla sua pelle di uomo la tragica eco della domanda di Caino: “sono forse io il custode di mio fratello?
Roma 25 aprile 2015, 70° anniversario della Liberazione


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