L'oscurità e la paura
(di
Felice Celato)
La
settimana santa è, qualche volta, sperabilmente ogni anno, l'occasione di una
pausa di riflessione che "spezza" il flusso del quotidiano agitarsi
delle nostre cure.
Mi
permetto di segnalare due brevissimi spunti, attingendoli dagli scritti e dalle
omelie di quello che oggi chiamiamo il Papa Emerito ( e che io continuo a
ritenere una vera luce nel cammino della fede dell'uomo contemporaneo).
Il
primo è uno stralcio, anticipato oggi
dal Corriere della sera, della prima
parte del saggio di apertura del libro «Gesù di Nazareth. Scritti di
cristologia», che verrà pubblicato a novembre in traduzione italiana dalla
Libreria Editrice Vaticana. Scritto nel 1973, il testo è uscito nel 2014 in
Germania presso la casa editrice Herder, che sta pubblicando le Gesammelte
Schriften di Joseph Ratzinger, a cura del cardinale Gerhard Ludwig
Müller. Un testo di rara potenza (e un
estratto che annuncia un libro da leggere).
....., il Venerdì Santo del XX secolo. Il volto dell’uomo è
schernito, ricoperto di sputi, percosso dall’uomo stesso. «Il capo coperto di
sangue e di ferite, pieno di dolore e di scherno» ci guarda dalle camere a gas
di Auschwitz. Ci guarda dai villaggi devastati dalla guerra e dai volti dei
bambini stremati nel Vietnam; dalle baraccopoli in India, in Africa e in
America Latina; dai campi di concentramento del mondo comunista che Alexandr
Solzhenitsyn ci ha messo davanti agli occhi con impressionante vivezza. E ci
guarda con un realismo che sbeffeggia qualsiasi trasfigurazione estetica. Se
avessero avuto ragione Kant e Hegel, l’illuminismo che avanzava avrebbe dovuto
rendere l’uomo sempre più libero, sempre più ragionevole, sempre più giusto.
Dalle profondità del suo essere salgono invece sempre più quei demoni che con
tanto zelo avevamo giudicato morti, e insegnano all’uomo ad avere paura del suo
potere e insieme della sua impotenza: del suo potere di distruzione, della sua
impotenza a trovare se stesso e a dominare la sua disumanità.
Il
secondo è tratto da un'omelia di Benedetto XVI tenuta il 2 maggio del 2010, in
occasione di una sua visita pastorale a Torino:
Cari fratelli, nel nostro tempo, specialmente dopo aver attraversato il
secolo scorso, l’umanità è diventata particolarmente sensibile al mistero del Sabato
Santo. Il nascondimento di Dio fa parte della spiritualità dell’uomo
contemporaneo, in maniera esistenziale, quasi inconscia, come un vuoto nel
cuore che è andato allargandosi sempre di più. Sul finire dell’Ottocento,
Nietzsche scriveva: “Dio è morto! E noi l’abbiamo ucciso!”. Questa celebre
espressione, a ben vedere, è presa quasi alla lettera dalla tradizione
cristiana, spesso la ripetiamo nella Via Crucis, forse senza renderci
pienamente conto di ciò che diciamo. Dopo le due guerre mondiali, i lager e i
gulag, Hiroshima e Nagasaki, la nostra epoca è diventata in misura sempre
maggiore un Sabato Santo: l’oscurità di questo giorno interpella tutti coloro
che si interrogano sulla vita, in modo particolare interpella noi credenti.
Anche noi abbiamo a che fare con questa oscurità.
La
Pasqua imminente, che disperde la nostra oscurità e le nostre paure, sia di
vera luce a tutti noi.
Buona
Pasqua a tutti.
Roma,
2 aprile 2015 (Giovedì Santo)
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