Media
e domande
(di
Felice Celato)
Ho
letto con grande interesse il libro di p. Francesco Occhetta Le tre soglie del giornalismo – Servizio
pubblico, deontologia, professione (UCSI Editore), un libro ricco di chiare
ed acute osservazioni esposte anche con un garbo straordinario, anche dove la
materia (le pecche piccole e grandi dell’offerta di informazione) avrebbe
suggerito (certamente a me) qualche rudezza.
Alla
fine della lettura, mi è rimasto però un timore che da tanto tempo mi rende
ostile all’ imperante costume mediatico e, tanto per cambiare, incline ad un
certo pessimismo.
Il
timore è quello che, nell’incrocio fra domanda ed offerta di informazione, si sia – ormai irrimediabilmente? –
determinato un fenomeno simile a quello che nel XVI secolo Thomas Gresham
descriveva a proposito della circolazione delle monete; divenne nota come la
legge di Gresham quella che il vecchio cambiavalute inglese descriveva con
l’enunciato “la moneta cattiva scaccia
quella buona”, alludendo al fatto che,
a parità di valore nominale, le monete di minor valore intrinseco (eravamo
in pieno “bimetallismo”) tendono a sostituire sul mercato quelle di maggior
valore, perché – ovviamente – queste tenderanno ad essere tesoreggiate. Fuori
della metafora monetaria, mi pare cioè che ormai l’offerta di junk information (per intenderci: quella
che p. Occhetta descrive così bene, per esempio, “riesumando” il famoso caso
Tortora o parlando di deontologia dei giornalisti o alludendo alla relazione
fra giornalismo e politica) abbia trovato ( o suscitato?) una domanda così
robusta di essa da rendere assai problematica una soddisfacente marcia
indietro, quasi come se ci fossimo tutti mitridizzati ai veleni del modo di
“informare” fino al punto, anzi, di non riuscire più a fare a meno di una
quotidiana dose di veleni.
Nascono
così e così prendono campo sistematiche distruzioni di persone magari solo
mediaticamente antipatiche, metri di giudizio grossolani e semplificatori,
banalità camuffate da esigenze di moralità, artificiose confusioni fra fatti ed
interpretazioni faziose, solonismi di
incompetenti e catonismi di scostumati; e da ciò – ne abbiamo discusso qui altre volte – muovono le
reazioni, gli opinionismi sgangherati che popolano, sulle edizioni on –line dei giornali, gli spazi dei
deplorevoli commenti del pubblico-lettore (o telespettatore), spesso animati da
un umore becero e distruttivo al limite dell’accettabile.
Fin
qui ci si potrebbe fermare alla dolente constatazione del pietoso stato della
nostra informazione (che pure – va detto – per fortuna conosce ancora, anche in
Italia, qualche lodevole eccezione) e, più in generale, della nostra cultura diffusa
o, addirittura, del nostro mutato profilo antropologico. Sarebbe già di per sé
una sconfitta del nostro tempo, dal quale, per la ricchezza dei mezzi che il
progresso pone a nostra disposizione, avremmo potuto aspettarci cose migliori;
ma purtroppo non basta perché, come ricorda p. Occhetta, citando Tocqueville, “la democrazia è il potere di un popolo
informato”; e la qualità dell’informazione si riflette inevitabilmente
nella qualità della nostra democrazia. In fondo i variegati populismi dei
nostri tempi, non solo in Italia ma forse più qui che altrove, sono anche il
frutto del corto-circuito (credo di aver già usato questo termine proprio su
questo argomento) che si determina nella sequenza fatti, loro narrazione, percezione
degli stessi e formazione dell’opinione politica e, quindi, del consenso;
sicché, alla fine, è proprio quest’ultimo a risultare “inquinato” dalla qualità
dell’input informativo, che diventa
distorsivamente formativo.
Se
non ho esagerato nel porre queste relazioni – ma non credo – resta l’inquietante
interrogativo di cui sopra: come fare marcia indietro? E soprattutto: è ancora
possibile fare marcia indietro? Quali energie etiche e culturali possiamo
attivare con tutta l’urgenza del caso? O dobbiamo ancora sperare/temere che sia
solo il duro impatto con la realtà ad aprirci finalmente gli occhi e la mente?
Roma,
20 aprile 2015
Questo post parte da un presupposto di unidirezionalità: Ovvero come l'informazione ha modificato i gusti dei consumatori e come (e se) può fare marcia indietro... secondo me però la situazione è più complessa in quanto è bidirezionale, sono anche i consumatori che hanno modificato le proprie esigenze e quindi hanno modificato l'informazione. Se si volesse veramente tornare indietro (...e chi lo vuole???? Le stesse persone che si interessano a tutti i dettagli di ogni delitto di sangue che accade in Italia??...oppure lo vuole solo quel pazzo che gira con la lanterna in mano???...) si dovrebbe intervenire sul "loop". L'unico modo noto per spezzarlo è quello di intervenire su chi ancora non è dentro quel loop ovvero sui giovani, sulla scuola (anche se comunque la componente della cultura familiare rende questa interruzione una impresa titanica, e molto lenta in quanto generazione dopo generazione si può solo scalfire poco per volta...instillare un piccolo dubbio alla prima generazione, far presente una domanda alla seconda, iniziare a riflettere sul dubbio con la terza generazione, e iniziare ad elaborare una nuova risposta con le generazioni successive...). Ma è sempre troppo facile scaricare la risoluzione di tutte le storture della nostra società su una scuola senza fondi, senza passione, senza interessi....e, senza essere disposti a sacrificare nulla (es stato sociale) per la formazione, è troppo facile puntare sugli sprechi (sicuramente presenti). E' sempre necessario ragionare a risorse finite, si devono portare avanti 2 filoni ben differenti e tenerli distinti: recuperare più risorse (lotta a evasione, a sprechi e modello di tassazione, e funding dello stato) e impiego delle risorse che dovrebbe ragionare su base percentuale (per quanto possibile dopo aver gestito i costi fissi), ovvero il 10% della raccolta dello stato dedicato alla formazione, l'8% alla sanità il 6% alle pensioni di invalidità, disoccupazione etc... (numeri chiaramente tirati a caso in quanto sono oggetto della politica: vorrei vedere per ogni schieramento politico queste percentuali date in modo chiaro, perchè è troppo facile fare i giochi di prestigio oratori ( https://www.youtube.com/watch?v=BcClGh8fbuE ) per capire veramente le differenze). In quest'ottica deve essere chiaro a tutti che, quando diciamo diamo più fondi alla scuola, stiamo contestualmente dicendo anche diamone meno a qualcun altro (la politica è l'arte delle scelte).... Mi rendo conto che il mio "stream of consciousness" mi ha portato fuori tema e mi ha ricondotto alle solite problematiche che in Italia sono il crocevia di tutti i problemi, mi scuso per la digressione...
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