Conversazioni asincrone
(di Felice Celato)
Un amico, forse non frequente lettore di questo blog ma (quasi quotidiano) prezioso interlocutore di questioni golfistiche ma anche di cose politiche (fra una palla e l’altra, spesso si chiacchiera e talora si litiga, con beneficio o danno per la prestazione sportiva), mi ha recentemente rivolto una critica secondo me quanto mai azzeccata: “mi è facile, F., capire a che cosa sei contrario (e del resto tu non ne fai proprio mistero); mi è però impossibile capire a che cosa sei favorevole”, dice più o meno l’amico in questione (senza riferirsi però alla materia golfistica).
Dicevo che la critica è sicuramente centrata (per le ragioni che dirò); ma in fondo essa è programmaticamente assunta a base del breve profilo che accompagna queste nostre conversazioni asincrone (vedasi a lato, sotto Chi scrive): in fondo, politicamente, mi autodefinisco un elettore sempre deluso da chi ho votato (ed io voto ad ogni elezione! Pensate quante volte mi sono pentito!). Dunque ho provato con lui e ora provo con voi a…descrivermi in positivo (politicamente, intendo; golfisticamente mi sarebbe impossibile!).
Se dovessi dare una definizione sintetica del mio “pensiero politico” (dilettantesco, se si vuole, perché non mi sono mai occupato “scientificamente” di politica; ma meditato perché - ahimè – con la politica ho avuto a che fare ed ho imparato a conoscerla; e le mie letture in materia le ho pure fatte!) mi definirei sinteticamente un cattolico liberale o, sempre se si vuole, un liberale cattolico. E quindi: come liberale, detesto ogni forma di statolatria, sia essa quella tanto cara alla cultura di sinistra (italiana), sia quella tanto cara alle nuove destre addirittura sovraniste (quindi adoratrici anch’esse di uno stato – e quindi statolatriche – ma per di più di uno stato piccolo, nella dimensione fisica e soprattutto culturale). Il mio sogno – questo lo sanno bene i miei lettori – è uno stato che si occupi di quante meno cose possibili (difesa; giustizia; politica estera; tassazione – con intenti redistributivi di una torta che altri dalla politica deve produrre; tutela dei più deboli – questa anche come derivato della mia cultura cattolica, sulla quale ritornerò fra poche righe; istruzione per tutti ma liberamente accessibile a tutti in condizioni paritarie anche se non erogata dallo stato; disciplina dei mercati – quindi regole di mercato chiare, costanti, tutela della libera concorrenza; etc). Il resto, lo stato lo lasci fare al privato, sostenendolo, ovviamente, dove il privato appoggia (o addirittura sostituisce) lo stato (per esempio, nella tutela dei più deboli, come fa il cosiddetto terzo settore); e semmai surrogandolo dove, magari transitoriamente, si riveli indispensabile sostituirsi ad esso.
Come cattolico, inoltre, ho una visione dell’umanità basata sull’assunto (in dottrina si chiama opzione fondamentale) che, al di là di ciò che vediamo, esiste un Ciò che non vediamo, su cui si regge tutto ciò che vediamo (su questo possiamo dilungarci moltissimo, ma non è il caso di farlo qui); e che da questo Ciò che non vediamo origina una comune natura degli uomini; e da questa, a sua volta, un dovere di solidarietà e di amore, anche al di là dell’opzione cattolica (con tutto ciò che ne deriva) che mi è orgogliosamente propria e cara ( nel rispetto del principio liberale: libera Chiesa in libero stato; anzi, per guelfo ossequio alla vocazione universale della Chiesa, direi: liberi stati in libera Chiesa)!
Come cattolico e come liberale, poi, ho diffidenza verso il popolo inteso come moltitudine (o folla): come cattolico, da quel lontano giovedì/venerdì quando la folla gridò "Crucifige!”; come liberale perché penso che il reggimento dello stato moderno nella forma della democrazia liberale non spetta al popolo ma, appunto, a chi da questo - per delega temporanea e soggetta a revoca nelle forme appropriate - è incaricato di governare in quanto “scelto” per competenza, esperienza e probità (ovviamente tutte da presumersi ex ante): il popolo controlla chi governa, ma chi governa definisce le politiche e detta le regole, scrive, con la sua consueta chiarezza, Cassese in La democrazia e i suoi limiti, Mondadori, 2019; del resto, come diceva Costantino Mortati (citato da Cassese) un elemento aristocratico… entra come parte integrante in ogni assetto democratico (e, in fondo, anche Aristotele lo pensava per Atene!)
Bene: con queste convinzioni che mi riconosco, giuste o sbagliate che siano, fondate o infondate, come si può volere che non sia “contro” tutto ciò che vedo da vari decenni in Italia?
Roma, 6 marzo 2019
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