Annus nigro signandus lapillo
(di Felice Celato)
Giusto un anno fa, facendoci gli auguri per l’anno che arrivava (post: Dal 2017 al 2018 del 28 dicembre 2017), avevamo definito futile il 2017; avevamo anche – saggiamente – rinunciato a fare altrettanto futili previsioni per 2018, affidandoci alle aspettative del cuore.
Direi che il decorso del tempo ha smentito anche queste e che il 2018 non sarà certo un anno da ricordare per le buone cose che ci ha portato (almeno a me). Lo lasciamo quindi alle nostre spalle segnandolo con un sassolino nero (nigro lapillo) come i Latini facevano con un sassolino bianco (albo lapillo) per i tempi lieti.
Se vogliamo dimenticarlo, meglio non fare l’elenco delle dure lagnanze che possiamo avere sull’anno decorso; e ancora una volta affidarci al cuore per disporci al cammino dell’anno che viene.
E che cosa il cuore mi suggerisce di desiderare per il 2019?
Bene: all’anno nuovo auguro di rivelarsi, per tutti, un anno di verità; una verità che faccia pulizia dei mille inganni di cui incoscienti ci nutriamo, dei travisamenti più insensati, delle menzogne che addirittura coltiviamo come fossero il cibo vero della nostra convivenza civile, delle fughe dalla realtà con le quali esorcizziamo le nostre difficoltà, come se, negandole, potessimo risolverle; che renda giustizia alle istanze che la meritano, che dissipi la nebbia che ci avvolge ed appesantisce.
Dicevo che il cuore – dove immaginiamo abbia sede la bontà, l’amore che noi cattolici chiamiamo anche carità – mi suggerisce di desiderare per sé un anno di verità; e inevitabilmente mi tornano in mente (i miei lettori conoscono bene questo mio continuo tornare) le parole straordinarie che su questa mirabile relazione fra verità e bontà ha scritto il Sommo Pontefice Benedetto XVI: la verità è luce che dà senso e valore alla carità [all’amore, alla bontà]. Questa luce è, ad un tempo, quella della ragione e della fede, attraverso cui l’intelligenza perviene alla verità naturale e soprannaturale della carità: ne coglie il significato di donazione, di accoglienza e di comunione. Senza la verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. E’ il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta fino a significare il contrario. La verità libera la bontà dalle strettoie di un emotivismo che la priva di contenuti relazionali e sociali e di un fideismo che la priva di respiro umano ed universale. Nella verità la carità [l’amore, la bontà] riflette la dimensione personale e nello stesso tempo pubblica della fede nel Dio biblico, che è insieme Agàpe e Logos: Carità e Verità, Amore e Parola….Senza la verità, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni. E’ esclusa dai progetti e dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale, nel dialogo tra i saperi e le operatività.
Credo non serva altro per auguraci con forza di vivere un 2019 sperando, desiderando, anzi volendo che sia un anno di verità a riempirci il cuore. Nessuna più completa aspettativa, nessun migliore augurio mi viene da formulare a ciascuno di noi per l’anno che arriva.
Roma 28 dicembre 2018
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