mercoledì 26 dicembre 2018

Divagazioni post-prandium

Gravitas
(di Felice Celato)
In un lungo articolo che Yascha MounK (docente alla Harvard University) dedica, sul NYT, alla recensione di un libro sulla caduta della Repubblica Romana (di Edward J.Watts: Mortal Republic – How Rome fell into tyranny), Donald Trump viene paragonato – senza mezzi termini –  a Tiberio Gracco, il populista che, insieme al fratello Caio, scosse per primo le fondamenta della Repubblica sfidando il Senato Romano, solo due generazioni prima che l’antica Roma, dopo varie peripezie, cadesse nella guerra civile dalla quale prese origine l’autocrazia di Augusto.
Da questa lettura hanno preso le mosse le oziose divagazioni che seguono e che hanno occupato il silenzioso pomeriggio di Natale, lungo un filone che, dalla storia del diritto romano e della cultura latina, conduce ai dì nostri.
Gravitas è una parola latina che significa, fra l’altro, serietà, dignità, autorevolezza, autorità. I latini consideravano la gravitas una essenziale virtù civica, specie dei loro capi, insieme alla pietas, intesa come senso del dovere, dedizione, rispetto (diceva Cicerone: pietas, quae erga patriam….officium conservare monet, il senso che insegna a rispettare i doveri nei confronti della patria); ed insieme alla dignitas, intesa come onore, eccellenza, dignità e decoro (sempre Cicerone: dignitas est et cultu et honore et verucundia digna auctoritas, la dignità è l’autorevolezza degna di venerazione, onore e rispetto).
Gli inglesi si sono “appropriati” della parola gravitas, che ora figura nel dizionario inglese nel senso di serietà e importanza del contegno, che suscita sentimenti di rispetto e di fiducia negli altri (seriousness and importance of manner, causing feelings of respect and trust in others, recita il Cambridge Dictionary). 
Nelle banche d’affari, che come si sa “parlano” inglese, i senior bankers sono chiamati periodicamente a valutare i loro colleghi di più elevata esperienza avendo di mira, accanto alle loro competenze tecniche e al loro judgement (capacità di giudizio e di discernimento), la loro gravitas, come percepibile segno di serietà e autorevolezza.
Credo bastino, questa piccola ricerca lessicale e questo piccolo esercizio di memoria del mondo, per cogliere l’importanza della gravitas, la sua essenzialità  nell’esercizio del potere (politico o economico) e nella giusta percezione di esso; e anche per colorare di nostalgia lo sguardo col quale ogni giorno fatichiamo a “leggere” il nostro presente. 
Si dirà che, in questi nostri tempi di parole grossolane, di frenetici quanto ruvidi  twitters, di volti deformati nei video-selfie, di messaggi indossati come cartelli  per essere visti piuttosto che capiti, di strepiti come forme di consenso o di dissenso, gravitas, pietas dignitas sono diventati orpelli di un mondo passato; e che il potere ha bisogno di essere percepito vicino ai modi che sommariamente  si attribuiscono al popolo inteso come plebe, di riflettere umori ed emozioni estreme fragorosamente visibili sui social network; e che, quindi, la nostalgia è un sentimento fuori luogo, superato dai tempi e dai nuovi modi di comunicare.
E, probabilmente, c’è – tristemente – del vero in siffatte obbiezioni ad ogni sterile forma di nostalgia. 
E’ anche possibile che l’imbagascimento dello stile e del linguaggio politico (uso qui l’efficacissimo termine che De Rita ha ereditato da Gadda, cfr. post Babele/2 del 21 marzo 2017) sia una conseguenza indiretta della percepita indistinzione dei politici (per metà degli italiani, nota il Censis, tutti i politici sono uguali): e, dato che l’indistinzione è una patologia contagiosa che colpisce tutti coloro che entrano a far parte della politica, ecco che, per sfuggire al rischio dell’indistinzione, organismi e personale politico rinunciano ad ogni pratica mediatoria, radicalizzando, almeno verbalmente, quel che può distinguerli, o almeno renderli visibili e più duraturi nel ruminare impietoso del circo mediatico (Rapporto 2018, pg 23).
Tuttavia la nostalgia resta…. nient’affatto mitigata dallo spunto analogico americano; anzi da questo spinta verso la conclusione inquietante che chiude il capitolo del Rapporto Censis da cui ho attinto (pag. 28): L’erosione del significato ultimo della politica – la sua efficacia nel comporre interessi diversi e così migliorare la società – spiega perché ormai quasi 4 italiani su 10 si mostrano indifferenti o, in alcune circostanze, favorevoli ad un governo autoritario in luogo di uno democraticoCosì, in fondo alla strada della demonizzazione di ogni mediazione competente ci può essere la non originale riscoperta delle virtù salvifiche del coup d’etat.
Non ho capito se l’analogia fra Trump e Tiberio Gracco sia interamente dell’autore del libro o del recensore; fatto sta che l’articolo si conclude così: if the central anlaogy that animates “Mortal Republic” is correct, the current challenge to America’s political system is likely to persist long after its present occupant has left the White House.
Roma 26 dicembre 2018 (ore 0,45)
PS: Ammetto che il pranzo Natalizio possa essere stato greve; lo testimonia anche la lunghezza del post.





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