sabato 6 ottobre 2018

Letture

L’emigrazione Italiana negli Stati Uniti
(di Felice Celato)
Eccomi qua, di nuovo con una lettura (che a me è parsa) molto interessante, e anche…istruttiva.
Si tratta del libro L’emigrazione Italiana negli Stati Uniti, scritto da un giovane storico Italiano, Matteo Pretelli, nel 2011 (e pubblicato da Il Mulino).
I motivi per i quali mi sono avventurato in questa densa lettura (peraltro chiarissima e anche piacevole, come può esserlo un libro di storia pieno di dati e di notizie) sono essenzialmente due: anzitutto perché l’immigrazione Italiana negli USA ha, in un lontanissimo passato (1909), coinvolto il mio nonno materno, nonno Checco, che non ho conosciuto direttamente (morì infatti ben prima che io nascessi e quando mia madre aveva appena 4 anni) ma della cui personalità a lungo mi parlava la sua vedova, mia nonna, che poi, da sola, ha tirato avanti la sua famiglia assicurando ai figli un relativo benessere e anche una discreta istruzione. Il sito di Ellis Island mi ha consentito di rintracciare le carte del suo sbarco – aveva appena 24 anni e non credo avesse un grado di istruzione più che elementare –  e anche di conseguire la bella foto della nave (The Europa) che – insieme a tanti emigranti economici italiani – lo aveva trasportato da Napoli a New York, partendo dalla natia Umbria. Andò a fare il minatore in Pennsylvania e morì, una volta tornato in Italia con un piccolo gruzzoletto, per una malattia connessa al suo lavoro, che gli impedì di godersi a lungo il frutto (qualche ettaro di terreno in Umbria) delle sue fatiche americane. Il secondo motivo della lettura è stato, invece, di natura meno personale e più attuale, e mi è stato suggerito dalla voglia di documentarmi su una delle tante sciocchezze che così frequentemente si sentono sulla bocca di persone spesso anche (formalmente) istruite: “gli Italiani migravano per lavorare non per delinquere come delinquono tanti immigrati a casa nostra oggi!”
Bene: il libro di Pretelli è, come dicevo, un libro di storia, molto documentato e denso di analisi e, nel suo complesso, dà dell’immigrazione Italiana negli Usa un’immagine a tutto tondo, ricca delle tante sfaccettature anche "gloriose", senza peraltro tacere dei pochi ma rilevanti aspetti che, in America, hanno creato lo stereotipo dell’immigrato Italiano mafioso o comunque dedito alla delinquenza (etnicamente) organizzata. Riferisce, Pretelli, di una conversazione telefonica intercettata in cui il 37° Presidente degli Stati Uniti, Richard  Nixon (1969-74, dunque….molti anni dopo che mio nonno era tornato in Italia!), non esitò a parlare della presunta impossibilità di trovare un italoamericano onesto. Ma anche prima (soprattutto fra gli anni ’20 e ’50), come sappiamo tutti, nomi come Lucky Luciano, Al Capone, Frank Costello, Vito Genovese, Albert Anastasia, Charles Gambino, etc., non si può dire che abbiano contribuito a migliorare lo stereotipo, del resto coltivato anche in tanti film di successo di grandi registi, anch’essi spesso Italoamericani (Francis Coppola, de Il Padrino, tanto per fare un esempio).
Eppure, ciò non ostante, il fenomeno migratorio Italiano negli USA non mancò di costituire la base per un’integrazione che – stereotipi a parte – rappresenta pur sempre, nel suo complesso, una storia di successo: al di là dei tanti americani di origine Italiana che si sono fatti strada in America, anche in politica (da Fiorello LaGuardia a Mario Cuomo, da Rudoph Giuliani a Nancy Pelosi, solo per nominarne alcuni), mi ha molto colpito un dato: nel 2000 il livello medio di istruzione degli americani di origine Italiana (quasi 10 milioni, quelli con 25 o più anni di età) è risultato superiore a quello medio dell’intera popolazione residente negli USA (e, mi pare di ricordare, anche a quello degli Italiani restati in Italia), addirittura con una quasi equivalenza fra sesso femminile e maschile. Nel 2001, inoltre, un sondaggio ha messo in luce come quasi l’80% degli americani ha un’opinione molto favorevole o prevalentemente favorevole dell’Italia.
Concludo: il libro di cui abbiamo brevemente parlato (e dal quale, ovviamente, ho estratto dati e fatti sopra citati) merita di essere letto e, magari, anche consigliato a qualcuno.
Roma, 6 ottobre 2018



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