domenica 28 ottobre 2018

I “signori sul ponte” / 1

Sarcasmi d’autunno
(di Felice Celato)
L’abbiamo già citata, qui, questa bellissima massima di Seneca: Ignoranti quem portum petat, nullus suus ventus est (nessun vento è favorevole a chi non sa verso dove dirigersi); e l’abbiamo citata un paio di anni fa, quando ci pareva (ed ex post non avevamo del tutto torto) che l’Italia (in particolare) non sapesse dove andare. Ma parlando, come è (purtroppo) inevitabile di questi tempi, di politiche e di attese pubbliche di tutti e di ciascuno di noi, mi è tornata in mente, in un’accezione stavolta....democratica: ma gli italiani - per quel poco che di loro possa capirne io - che cosa vogliono? Verso quale porto intenderebbero dirigere la rotta, se solo potessero decidere loro?
Sgombriamo il campo da un possibile equivoco: in un paese come il nostro, socialmente malmesso, non c’è da meravigliarsi che ci siano larghe sacche di persone che, della barca comune, purtroppo, conoscono solo la stiva, il buio interno della carena: devono quotidianamente vigilare che all’interno di essa non si insinui  dell’acqua, che non li sommerga qualche ondata che venga giù dal boccaporto, devono sempre essere pronti ai remi se il vento cala o cambia direzione. A loro va tutta la mia solidarietà e comprensione: dalle follie della barca, a loro non possono che venire fatiche e dolori, spesso terribili le prime, sempre ingiusti i secondi; ma non a loro si rivolge la mia domanda: dal buio della stiva non si vede alcuna rotta e non si coglie la direzione dei venti. Ma coloro che stanno sul ponte, non dico i comandanti che siedono in plancia, ma i comodi viaggiatori che (spesso senza meritarlo) vedono anche il cielo e la direzione della barca, questi signori che stanno sul ponte, che direzione vorrebbero che avesse la barca che li porta? Questi “signori” che leggono il giornale e guardano i talk show, parlano di politica quando sono fra loro, che possono parlare, e magari lamentarsi, direttamente coi comandanti, che non hanno difficilissime situazioni da fronteggiare quotidianamente e che - dunque - dovrebbero avere la mente più attenta al viaggio; questi - diciamolo: fortunati -  signori, che vorrebbero dal loro viaggio, loro che – dal ponte – possono capirne la direzione e stimarne i venti?
Bene: credetemi, non ostante abbia la fortuna di conoscere menti non impigrite dal tempo e cuori non resi insensibili dall’età, io non ho capito che cosa vogliono.
Generalmente quasi tutti vogliono più stato, più ordine, più regole (di solito puntuali, secondo le esigenze del giorno); molti addirittura uno stato che sappia farsi tutto a tutti,  ma – beninteso –con le risorse degli altri (i prestatori terzi; perché, quando lor signori sono anche prestatori, il valore del loro credito lo vogliono protetto, dallo stato naturalmente, con risorse di terzi, ovviamente); sono disposti, talora, a pagare le imposte, purché siano poche e (giustamente) non vengano disperse. Poi vogliono più Europa (a parole, molti sono veri europeisti!), che ci guidi, non ci abbandoni, ci soccorra, che ci regoli con regole sagge, ma ci lasci liberi di violarle quando ci garba (anche se le abbiamo approvate noi e anche messe in Costituzione); e, per l’Europa, sono disposti a mettere a disposizione i propri uomini (o donne) migliori (beh! non esageriamo, magari una seconda o terza scelta, perché - giustamente - i migliori li vogliono più vicini e più operosi, per il bene diretto del Paese. Se poi qualche volta riescono a mandarci qualcuno di valore, in ruoli chiave, allora si riservano di pretendere di controllarlo e di spubblicarlo se dice qualcosa che non ci aggrada). 
Poi, i signori sul ponte vogliono, naturalmente, la piena occupazione, ché non si dica che se ne fregano di quelli che stanno nella stiva. E quindi sono per l’agricoltura, rigorosamente bio, però (il green, si sa, piace sempre); per il turismo (senza affollamenti, però, perché disturbano); per l’industria e per i servizi, anche, perché, in fondo, lo stato proprio tutto non può arrivare a fare; sì, molte assunzioni (sempre con le risorse degli altri) di insegnanti, militari, impiegati delle pubbliche amministrazioni, etc., ma bisogna convenire che potrebbero non bastare per assorbire le masse disoccupate. E, ovviamente, un’industria che funzioni, non sporchi, non guasti il paesaggio, non turbi la balneazione, non faccia rumore, si localizzi dove dice lo stato, generi lavoratori felici, produca prodotti eccezionali (che tutto il mondo è tenuto ad invidiarci) e anche profitti (non troppi però, perché, si sa, il troppo storpia); e, naturalmente, i profitti vanno obbligatoriamente re-investiti, ci mancherebbe altro!
Infine i signori del ponte vorrebbero che, finalmente, ci fosse riconosciuto, ovunque, il prestigio che meritiamo (perché siamo intelligenti, le nostre idee sono sempre le migliori, da noi si vive bene, l’Italia è il paese più bello del mondo, le nostre città, poi, non ne parliamo - se solo emergono dalla monnezza-, il nostro parmigiano è eccelso, come i vini, la pizza etc).
Ecco, per tornare a Seneca: questo è il porto  verso cui la nostra barca deve far vela, per i signori sul ponte. E se il vento non è favorevole, se le vele non si gonfiano, pazienza, ci sono sempre i rematori, giù nella stiva!
Roma 28 ottobre 2018 
P.S. : mi sono dilungato un po’ troppo; ma che volete, mi piace tanto fare il sarcastico…




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