Una difficile lettura
(di Felice Celato)
Una cosa è certa (almeno per me): i libri di Zygmunt Bauman sono di difficile lettura. Di solito vi pullulano riferimenti ad opinioni delle quali talora fatico a collocare, anche solo culturalmente, l’autore; il linguaggio è denso di bagliori, anche lessicali; la cultura che vi confluisce è smisurata e spesso… incontrollata (nel senso che sottovaluta la difficoltà di digestione del lettore); gli stessi concetti sono di latitudine vasta spesso espressa con immagini.
Ma, detto questo, direi anche che la lettura di Retrotopìa (Laterza, 2018), l’ultimo libro di Bauman, scomparso qualche mese fa, vale la fatica che richiede. Il senso del libro poi, non ostante quanto appena detto, si lascia cogliere con chiarezza: stiamo guardando indietro, verso un luogo che non esiste (una retrotopia, appunto), distogliendo lo sguardo dal futuro (immaginato, previsto e temuto prima ancora che accada) verso il paradiso del passato (un passato probabilmente solo raffigurato a posteriori, dopo averlo perduto e visto andare in rovina)… Fedele allo spirito dell’utopia, la retrotopia è spronata dalla speranza di riconciliare finalmente la sicurezza con la libertà: impresa mai tentata – e in ogni caso mai realizzata…. Il cammino a ritroso, verso il passato, si trasforma...in un itinerario di purificazione dai danni che il futuro ha prodotto ogni qual volta si è fatto presente.
Questa vera e propria epidemia della nostalgia si articola in alcuni sviluppi che Bauman descrive col suo linguaggio iper-colto: nel tramonto di un Leviatano – il gigantesco mostro immaginario che doma, nella filosofia di Hobbes, l’innata crudeltà degli esseri umani, dando così all’uomo la possibilità di vivere in compagnia di altri uomini una vita che altrimenti sarebbe “misera, ostile, animalesca e breve” – nel tramonto di un Leviatano, dicevo, che sia in grado di operare nella scala sovranazionale in cui, oggi, si disperde il potere deterritorializzato, scivoliamo gradatamente indietro verso il mondo di Hobbes (bellum omnium contra omnes), attratti da un ancestrale ritorno alle tribù, innescato da un nuovo flusso migratorio [che] ha invertito direzione: da centrifugo si è fatto centripeto rispetto all’Europa. Anzi, di più: rinasce, in forme nuove (anche generate dalla solitudine dell’iperconnessione) un anelito a “tornare nel grembo materno”, versione individualizzata – per solitari – della nostalgia del Paradiso irrimediabilmente e irreparabilmente perduto che ossessiona i discendenti di Adamo e di Eva.
Questa dinamica retrotopica si esaspera per il disagio di chi soffre…per lo scarto tra quantità o intensità delle sofferenze che è costretto a sopportare e la distribuzione implicitamente ritenuta “normale” (dunque legittima) delle sofferenze tra i diversi settori della società. [Nel capitolo dedicato alla diseguaglianza, Bauman svolge considerazioni sul cosiddetto UBI (Universal Basic Income) che mi sono parse molto interessanti ma che qui non mi pare il caso di aggiungere alla faticosa sintesi che sto tentando; ma sulle quali forse torneremo presto].
Bene: in questo quadro in cui può accadere di tutto – ma non si può mettere mano a nulla – o quasi – con la fiducia e la certezza di portare a termine l’impresa; in questa incongruità….tra la nostra indubbia condizione cosmopolita (d’interdipendenza, interazione e interscambio su scala universale, planetaria) in cui siamo ormai stati scaraventati e l’assenza di una consapevolezza (per non parlare di una coscienza) cosmopolitica che al momento non ha ancora superato la fase delle doglie; in questa età di crisi permanente degli strumenti per risolvere i problemi, l’appello di Bauman prende un largo respiro umanistico [nel testo c’è anche un’ampia citazione di papa Francesco sul dialogo come strumento della coabitazione e della solidarietà, dal discorso tenuto in occasione del conferimento al papa del Premio Carlo Magno, 2016]: per arginare le correnti del “ritorno a” [per sottrarci ad una sterile retrotopia]… non ci sono scorciatoie che portino a risultati diretti, rapidi e facili….Noi – abitanti umani della Terra – siamo come non mai prima d’ora, in una situazione di aut aut: possiamo scegliere se prenderci per mano o finire in una fossa comune.
Fine del libro, assai difficile da sintetizzare, come avrete notato. Ripeto: nella asperità della lettura, un testo memorabile, per certi aspetti direi profetico.
Roma 2 settembre 2018.
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