La notte degli imbrogli
(di Felice Celato)
Come ben sanno i cultori de I Promessi sposi, al capitolo VIII dell’immortale romanzo è stato dato, nel tempo, il titolo non testuale de La notte degli imbrogli perché, in esso, diversi personaggi della vicenda in diverso modo si ingegnano a porre in atto una serie di sotterfugi (di imbrogli, appunto) per tentare, anche goffamente, di sottrarre i protagonisti al destino che li aspetta nella storia narrata. Ma, si sa, il destino degli uomini raramente si muta coi sotterfugi ….specie nei romanzi, quando i sotterfugi stessi fanno parte della trama. E così fu, naturalmente, del tentativo di nozze a sorpresa fra Renzo e Lucia, nella canonica di Don Abbondio, in quella notte agitata del 1628.
Questo scorcio di romanzo mi veniva in mente l’altra sera mentre scorrevano in televisione i brevi discorsi che, dopo notti di ingegno, annunciano –secondo la prosa un po' pomposa di qualcuno– se non la nascita almeno il travaglio della terza repubblica; quando “ogni lacrima sarà asciugata” e non ci saranno più–non ne avremo più bisogno! –i vecchi politici adusi ai vecchi riti ma solo esecutori delle soluzioni da dare agli italiani, decise col voto istantaneo sulla base di un contratto di governo o, più propriamente, di una bozza di contratto di governo, messa a punto –per ora nell’oscurità della notte e al riparo da ogni streaming– solo per consentire la sovrana consultazione dei due popoli che si aggregano sotto le opposte bandiere, provvisoriamente abbracciati in una bozza di contratto, suppongo molto dettagliata come ogni contratto che si rispetti, da porre in esecuzione, una volta “approvata”, nei cinque anni della legislatura appena cominciata. Un tempo felice, dunque, per la vera democrazia dal basso, un tempo non ancora avvenuto ma in corso di operosa preparazione; alla nostra portata, temo.
Ma, forse, qui la notte (che avvolge tutto nel buio) non è solo quella dei nostri tempi che scorrono lenti per definire un accordo diametrale (come dicevamo l’altro giorno, fra Nord e Sud, fra meno tasse e più spesa, fra lavoro e pensioni); un accordo che poi darà luogo alla fiammata ordalica della verifica (gazebica o retale) sulle infuocate basi di riferimento.
Temo invece che, al di là del contingente, siano più larghi i confini della notte, secondo il lucido sintagma (“l’inganno consapevole delle pubbliche opinioni”) usato qualche giorno fa dal nostro Presidente della Repubblica, al convegno Fiesolano sullo stato dell’Unione Europea, con caustico riferimento all’andazzo dell’offerta politica corrente in diversi paesi europei ma da noi soprattutto. Non saràun leader trascinante, ma Mattarella, vivaddio!, quando parla sceglie con cura le parole che usa; e questo colpisce, specie in un tempo di tanto libere interlocuzioni (come dicevano i socialisti di quasi due repubbliche fa). E certamente non è consolante per i titolari di questa offerta vedersi intestato questo giudizio (l’inganno consapevole delle pubbliche opinioni), che –mi pare –va ben oltre i confini delle singole aggregazioni politiche, per coinvolgere l’intero costume democratico dei nostri tempi iper-comunicativi, nei quali la confezione finisce per contare assai più del prodotto; anzi, tanto da diventare essa stessa il prodotto. Rifacendo il verso a Marshall McLuhan potremmo dire “l’incarto è il prodotto”.
Ma, ed è qui il senso di questa riflessione, mi pare anche che non ci sarebbe inganno consapevole che tenga se la pubblica opinione (la destinataria dell’ingannevole offerta politica) coltivasse il gusto di una sua dignitosa riflessione realista; se cioè le nostre pubbliche opinioni fossero in grado di sviluppare un pensiero critico e sanamente scettico (la democrazia critica, direbbe Zagrebelsky), quale era una volta, forse, quello che nasceva da una comunicazione meno ansiosa di servaggio e più conscia del suo servizio alla ragione.
Insomma: l’inganno consapevole delle pubbliche opinioni richiede un ingannatore ed un ingannato; sarebbe tragico se entrambi volessero essere fino in fondo consapevoli del loro ruolo (un ingannatore consapevole di voler ingannare e un ingannato consapevole e contento di esserlo). La notte degli imbrogli non finirebbe mai; e i suoi inutili esiti non muterebbero il destino che ci attende.
Roma 16 maggio 2018 (di prima mattina, senza previa lettura dei giornali)
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