Eh! Poveri noi!
(di Felice Celato)
(di Felice Celato)
C’è da
giurare che la nota canzone di Aurelio Fierro conoscerà una nuova fortuna
(magari ci sarà qualcuno che proporrà di usarla per sostituire l’Inno di
Mameli, recentemente confermato – per i suoi ben noti pregi musicali e dopo 71 anni di "prova"– come
inno nazionale):
Ma tu vulive ‘a pizza
‘a pizza, ‘a pizza…
cu ‘a pummarola ‘ncoppa
cu’ a pummarola ‘ncoppa
Ma tu vulive ‘a pizza
‘a pizza, ‘a pizza…
cu ‘a pummarola ‘ncoppa
‘a pizza e niente chiù!...
Pare,
infatti, che l’Unesco – su queste colonne già “illustratosi” per le sue trovate
sui luoghi sacri di Gerusalemme (cfr. post
Il muro del pianto del 19 ottobre 2016) – abbia deciso, con voto (stavolta)
unanime di 182 stati, di proclamare Patrimonio
orale ed immateriale dell’Umanità nientemeno che la pizza napoletana (o
meglio: l’arte dei pizzaiuoli che la
producono). Il bollettino della vittoria – da far invidia a quello del generale
Diaz e preceduto da un tweet notturno
del Ministro Martina, laconico ma traboccante di legittimo orgoglio nazionale: Vittoria! – è stato proclamato dal
curatore del dossier della
candidatura, Luigi Petrillo, in questi termini: La vittoria di ieri, ottenuta dopo otto anni di negoziati e dopo aver
convinto 182 Stati, ci dice che la pizza napoletana è come un’opera d’arte,
frutto di creatività ed ingegno. Questo è un riconoscimento unico nel suo
genere: per la prima volta al mondo, cioè, l’Unesco sostiene che un mestiere,
quello di pizzaiolo, può esser equiparato al lavoro di un artista, uno scultore
o un pittore [dal Corriere della sera
di oggi, che fornisce anche il Decalogo
della buona pizza].
Il
giornale ci spiega poi che la vittoriosa operazione ha visto l’impegno diretto
della Coldiretti e della Fondazione Univerde presieduta dall’ex ministro
Pecoraro Scanio e che per il lancio della campagna a sostegno dell’iniziativa
sono state raccolte due milioni di firme.
Ah!
non è mancata una vigorosa eco transatlantica al trionfo di Napoli: il New York Times (edizione del 7 dicembre)
ci dà anche notizia degli altri winners:
the ritual Kumb Mela baths taken in India, Bosnian woodcarving and the “Sega
tambour” dance and song performances of Mauritius’ Rodrigues Island.
Non
so quali meraviglie dell’umanità siano racchiuse nei Kumb Mela baths e nella Sega
Tambour dance; quel che è certo è che – fa capire il NYT – stavolta Napoli,
often in headlines for its garbage woes
and mafia violence, ha fatto proprio una bella figura.
Sui
giornali tedeschi (almeno quelli dei quali esiste un’edizione in inglese) e
quelli francesi ai quali ho accesso non ho trovato traccia della notizia:
secondo me, i nostri vicini si stanno rodendo dall’invidia (come sempre, del
resto, quando si rendono conto delle cose che abbiamo e che tutto il mondo ci invidia!)
Bene.
Godiamoci, stasera, al canto ‘a pizza e
niente chiù!..., la soddisfazione nazionale per l’ambìto riconoscimento che
conferma l’unanime apprezzamento mondiale per l’intuizione, tutta napoletana, di
aggiungere il pomodoro alla pasta del pane!
Domani
riprenderemo la lettura degli atti della Commissione Parlamentare d’inchiesta
sulle banche. Un dibattito che tutto il mondo ci invidia.
Roma
8 dicembre 2017 (Festa dell’Immacolata Concezione)
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