Lo squarcio nella tela del tempo
(di Felice Celato)
Eccoci dunque ad un altro Natale. L’inesausta scommessa di
Dio sull’uomo rinnova la sua festa, come ogni anno quando la luce ricomincia il
suo ciclo.
Fra i tanti pensieri che il Natale ogni volta suggerisce, con
gli anni che pesano sulle spalle mi è parso di cogliere con maggiore intensità quello
del tempo e della drammatica faglia che ne spacca la storia: prima che Dio si
facesse uomo e dopo che Dio si è fatto uomo.
Di fronte a questo
avvenimento, l’essere una sola cosa di uomo e Dio, il divenire-uomo di Dio,
impallidiscono tutti gli altri avvenimenti singoli che ne sono seguiti.
Dinnanzi ad esso, questi non possono restare che secondari; l’intrecciarsi di
Dio e uomo appare come ciò che è veramente decisivo, salvifico, come il vero e
reale futuro dell’uomo, nel quale tutte le linee devono infine convergere (1).
Tutto si scolora di fronte all’incarnazione (le vicende, le glorie,
le battaglie, le fatiche, le ingiustizie, i dolori, le ansie, gli affanni) e
con essa tutto cambia.
Cambia, certamente, anzi si fa nuovo (ogni anno), il nostro
rapporto con Dio che, forse,– a partire da Adamo – ha visto che la sua grandezza provocava
nell’uomo resistenza; che l’uomo si sente limitato nel suo essere se stesso e
minacciato nella sua libertà. Pertanto Dio ha scelto una via nuova. È diventato
un Bambino. Si è reso dipendente e debole, bisognoso del nostro amore. Ora – ci
dice quel Dio che si è fatto Bambino – non potete più aver paura di me, ormai
potete soltanto amarmi (2).
Già, ormai potete soltanto amarmi: questa è l’eterna scommessa, persa da
Dio per duemila anni, persa in ciascuno di noi ogni giorno; e per duemila anni
giocata di nuovo ogni giorno da un Dio amante tenace dell’uomo, di questo
impasto di fango nel quale ha soffiato il Suo spirito di vita.
E, per fortuna, proprio per
effetto dell’incarnazione cambia anche il nostro rapporto con la storia, perché
tocchiamo con mano che Dio non è
[più] un’origine lontana o un indeterminato “punto d’arrivo del nostro
trascendere”. Non ha preso le distanze dalla sua macchina del mondo, non ha
abdicato a ogni sua funzione perché tutto ormai funzionerebbe da sé [come
forse il nostro tempo ci porta a pensare].
Il mondo è e rimane il suo mondo, il presente è il suo tempo, non il passato.
Egli può agire e agisce in modo davvero reale, in questo mondo e nella nostra
vita.(3)
Agisce ora (magari nel Suo
modo che talora ci appare un po’….strambo), come ha agito con l’incarnazione,
quando ha deciso di medicare la nostra paura attraverso un bambino. Questo è un
punto della nostra fede difficile da spiegare partendo dal mondo eppure
centrale nella Rivelazione. Il Natale lo ricorda a tutti noi nel riaffidare
ogni anno il Bambino alla nostra fiducia.
Nello scuro rancore dei
tempi, sia di conforto a tutti quello squarcio nella tela del tempo che il
Natale rinnova ogni anno.
Roma 20 dicembre 2017
Note:
(1) J. Ratzinger:
Introduzione al Cristianesimo, Queriniana, 2005, pg 219
(2) Benedetto XVI: Omelia
della notte di Natale 2008
(3) J. Ratzinger: Vedere
l’amore, Rizzoli, 2017,pg 36
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