.....e la lega del difficile
(di
Felice Celato)
Se
si potesse misurare, sulla base di occasioni d’incontro magari mondane e
superficiali, la “natura” degli umori più diffusi, direi senz’altro che la nausea del presente è diventata una malattia diffusa, persino – e
la constatazione mi ha sorpreso – fra persone di sicura e inveterata fede
statolatrica (e quindi da presumersi soddisfatte del presente). Si dirà che le
mie frequentazioni possono essere viziate dall’inevitabile …contemporaneità
degli interlocutori, nel senso che, appunto inevitabilmente, si finisce per
avere contatti in prevalenza con gente della propria età. Ma l’obbiezione non
mi sembrerebbe appropriata, almeno per due motivi: prima di tutto perché, nel
mio caso, non è vera (almeno metà della giornata la passo con giovani); poi
anche perché l’età matura non (ancora) esclude dal diritto di avere
un’opinione, tanto più se questa opinione non è priva di riscontri e di
ragionate motivazioni.
Dunque
torniamo alla nausea del presente e
poniamoci alcune domande. Anzitutto: da che cosa nasce? In un’estrema sintesi –
applicabile forse a diverse realtà – io credo che nasca da una percezione
diffusa (nel mio caso: ferma) della generalizzata inadeguatezza delle risposte
disponibili sul…mercato delle risposte
rispetto alla natura e alla gravità dei problemi, siano essi di natura politica
(per esempio: l’Europa, le migrazioni, il funzionamento dello stato, etc),
economica (il declino del nostro paese, il suo devastante debito pubblico, la
tassazione e la spesa pubblica, etc) o sociale (la disoccupazione giovanile,
l’affanno dei sistemi previdenziali, l’integrazione dei rifugiati, etc).
Ovunque
il mercato delle risposte (almeno
quello domestico) sembra seguire una regola fissa: risposte semplici
(omogeneizzate, di facile digeribilità) a problemi complessi, orizzonti brevi,
vista corta, negazione delle interconnessioni, distopia delle soluzioni
(esempio: problemi economici affrontati con soluzioni dispotiche; con metafora
presa dal tresette, si direbbe rispondere a bastoni a chi gioca a denari),
iper-regolamentazioni di fenomeni fisiologici, etc.. Tutto perché si possa far
credere di avere in mano (o a portata di mano) la via facile per il viaggio
difficile, la via che non richiede costanza nel seguire l’indirizzo, la via che
si può cambiare per corrispondere alle istanze di chi si affatica nel
percorrerla, la via che prescinde dalle condizioni del tempo, percorribile sia
che ci sia il sole sia che piova o tiri vento.
E
poi: dove porta la nausea del presente?
Qui non ho (rectius: non presumo di
avere) risposte sintetiche; non solo perché il futuro è nelle mani di Dio, ma
anche perché la nausea non può essere
un fenomeno permanente come voleva Sartre (la
nausea è l’esistenza). Essa inevitabilmente – in democrazia – produce
effetti dalla sequenza nota (o perlomeno intuibile): i nauseati non votano (si
astengono o non vanno proprio a votare) e, per via democratica, si afferma la cachistocrazia,
il governo dei peggiori, vincono i facilisti, gli illusionisti del semplicismo;
magari per un po’, non voglio dire che durino a lungo. In fondo la nausea è un
fenomeno tipicamente marinaro – il suo nome deriva dal greco nausìa (mal di mare), derivato da naus (nave, appunto) – che presuppone il
movimento della navigazione; quando la nave è ferma, magari per un po’, passa
la nausea, e forse si ricomincia a nutrirsi ….almeno fino a quando non
finiscono le provviste; poi la nave qualche porto l’ha da cercare, non
foss’altro per fare cambusa. E dunque gli illusionisti del semplicismo con ogni
probabilità non avranno vita lunga ….ma intanto, di danni, possono farne
parecchi.
E
dunque i nauseati del presente devono
decidere il da farsi: o aspettare e vedere, come faceva Totò mentre prendeva
gli schiaffi destinati a Pasquale: stava a vedere dove voleva andare a finire
‘sto stupido che continuava a schiaffeggiarlo avendolo scambiato per Pasquale.
Oppure coalizzarsi in una lega del
difficile che rifiuta sistematicamente ogni opinione – ancorché
(casualmente) giusta – se viene da un illusionista del semplicismo, rifiuta
persino di ascoltarla, chiude i collegamenti; e torna a votare di conseguenza:
si ascolta e si vota – per dirla come una professoressa – solo chi dimostra di aver studiato. Mi
domando se non sia proprio questo quello che hanno fatto i nauseati del presente in Francia.
Roma
2 luglio 2017
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