domenica 2 luglio 2017

La nausea del presente

.....e la lega del difficile
(di Felice Celato)
Se si potesse misurare, sulla base di occasioni d’incontro magari mondane e superficiali, la “natura” degli umori più diffusi, direi senz’altro che la nausea del presente  è diventata una malattia diffusa, persino – e la constatazione mi ha sorpreso – fra persone di sicura e inveterata fede statolatrica (e quindi da presumersi soddisfatte del presente). Si dirà che le mie frequentazioni possono essere viziate dall’inevitabile …contemporaneità degli interlocutori, nel senso che, appunto inevitabilmente, si finisce per avere contatti in prevalenza con gente della propria età. Ma l’obbiezione non mi sembrerebbe appropriata, almeno per due motivi: prima di tutto perché, nel mio caso, non è vera (almeno metà della giornata la passo con giovani); poi anche perché l’età matura non (ancora) esclude dal diritto di avere un’opinione, tanto più se questa opinione non è priva di riscontri e di ragionate motivazioni.
Dunque torniamo alla nausea del presente e poniamoci alcune domande. Anzitutto: da che cosa nasce? In un’estrema sintesi – applicabile forse a diverse realtà – io credo che nasca da una percezione diffusa (nel mio caso: ferma) della generalizzata inadeguatezza delle risposte disponibili sul…mercato delle risposte rispetto alla natura e alla gravità dei problemi, siano essi di natura politica (per esempio: l’Europa, le migrazioni, il funzionamento dello stato, etc), economica (il declino del nostro paese, il suo devastante debito pubblico, la tassazione e la spesa pubblica, etc) o sociale (la disoccupazione giovanile, l’affanno dei sistemi previdenziali, l’integrazione dei rifugiati, etc).
Ovunque il mercato delle risposte (almeno quello domestico) sembra seguire una regola fissa: risposte semplici (omogeneizzate, di facile digeribilità) a problemi complessi, orizzonti brevi, vista corta, negazione delle interconnessioni, distopia delle soluzioni (esempio: problemi economici affrontati con soluzioni dispotiche; con metafora presa dal tresette, si direbbe rispondere a bastoni a chi gioca a denari), iper-regolamentazioni di fenomeni fisiologici, etc.. Tutto perché si possa far credere di avere in mano (o a portata di mano) la via facile per il viaggio difficile, la via che non richiede costanza nel seguire l’indirizzo, la via che si può cambiare per corrispondere alle istanze di chi si affatica nel percorrerla, la via che prescinde dalle condizioni del tempo, percorribile sia che ci sia il sole sia che piova o tiri vento.
E poi: dove porta la nausea del presente? Qui non ho (rectius: non presumo di avere) risposte sintetiche; non solo perché il futuro è nelle mani di Dio, ma anche perché la nausea non può essere un fenomeno permanente come voleva Sartre (la nausea è l’esistenza). Essa inevitabilmente – in democrazia – produce effetti dalla sequenza nota (o perlomeno intuibile): i nauseati non votano (si astengono o non vanno proprio a votare) e, per via democratica, si afferma la cachistocrazia, il governo dei peggiori, vincono i facilisti, gli illusionisti del semplicismo; magari per un po’, non voglio dire che durino a lungo. In fondo la nausea è un fenomeno tipicamente marinaro – il suo nome deriva dal greco nausìa (mal di mare), derivato da naus (nave, appunto) – che presuppone il movimento della navigazione; quando la nave è ferma, magari per un po’, passa la nausea, e forse si ricomincia a nutrirsi ….almeno fino a quando non finiscono le provviste; poi la nave qualche porto l’ha da cercare, non foss’altro per fare cambusa. E dunque gli illusionisti del semplicismo con ogni probabilità non avranno vita lunga ….ma intanto, di danni, possono farne parecchi.
E dunque i nauseati del presente devono decidere il da farsi: o aspettare e vedere, come faceva Totò mentre prendeva gli schiaffi destinati a Pasquale: stava a vedere dove voleva andare a finire ‘sto stupido che continuava a schiaffeggiarlo avendolo scambiato per Pasquale. Oppure coalizzarsi in una lega del difficile che rifiuta sistematicamente ogni opinione – ancorché (casualmente) giusta – se viene da un illusionista del semplicismo, rifiuta persino di ascoltarla, chiude i collegamenti; e torna a votare di conseguenza: si ascolta e si vota – per dirla come una professoressa –  solo chi dimostra di aver studiato. Mi domando se non sia proprio questo quello che hanno fatto i nauseati del presente in Francia.
Roma 2 luglio 2017


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