Impressioni da una vacanza
(di
Felice Celato)
Difficile
dire, dopo una breve incursione in terre per me sconosciute e anche
culturalmente assai trascurate, che cosa riporto da questi sette giorni,
senz’altro piacevoli, di vacanza Dalmata e Bosniaca: l’apparente tolleranza di
una città ancora segnata dalla guerra recente, Sarajevo; il cimitero ebraico
sefardita che la sovrasta, deserto completamente (solo due cuccioli di cane ci
hanno fatto compagnia); il tunnel (in piccola parte ancora percorribile)
scavato a mano per sfuggire all’accerchiamento dei feroci compatrioti; tanta
gente in giro, donne vestite secondo il costume mussulmano più severo, accanto
a donne vestite (meglio: svestite) all’occidentale; l’impronta turca, anche
nel cibo; in molti ristoranti non si servono alcolici; la piena modernità del
centro commerciale dove si trovano tutte le cose che ci sono da noi.
Poi,
il ponte di Mostar e le strade terribili per andare verso la costa
Montenegrina, le bellissime Bocche di Cattaro (Kotor), anche queste piene di
gente, depositata a valanghe da enormi navi crociera, l’isola con la chiesa del
miracolo, l’isola col cimitero, Perast, gente simpatica. E poi, su verso la
Croazia del gioiello veneziano Ragusa (Dubrovnich), iper-affollata, tenuta
benissimo, persino le pietre che lastricano le strade storiche sono lucide; e
infine Spalato, moderna e affollata anch'essa, un porto turistico vivace ma cresciuta
attorno al mausoleo del più feroce persecutore dei cristiani, l’Imperatore
Diocleziano (nato lì vicino), diventato santuario dei martiri (splendide ironie
della storia, sottolinea un depliant
venduto alla porta della chiesa); ovunque tanta gente, masse di turisti che ci
ricordano quanto la massa sia diventata la naturale dimensione del viaggiare;
le memorie della guerra, finita meno di venticinque anni fa, un po’ dovunque,
nei tanti cimiteri, nei confini arcigni, in qualche traccia ancora visibile di
quella straordinaria esplosione di odio fratricida che vorrò ri-studiare
quest’inverno.
In
questi sette giorni assolati e affollati, pochi contatti con l’Italia, giusto
una scorsa frettolosa ai giornali Italiani (i gazzettini del quotidiano
sconforto) e qualche bega di lavoro che riemergeva dall’operosità di coloro che
ancora erano restati a mandare avanti la baracca.
Riprendo
i contatti con la nostra realtà, senza rimpianti per l’assenza: è finito
l’amore per Macron, i vaccini sono legge, l’acqua manca, il lago scende, il
fuoco impazza, l’Atac – con nostra grande sorpresa – non va bene; è morto
Pasquano, il medico legale di Montalbano; ma per fortuna abbiamo Fede (intesa
per tale la Federica Pellegrini, che
tutto il mondo ci invidia); non ci
manca nemmeno Speranza (inteso per tale l’astro nascente della galassia PD che
aspira a trascinare le folle); però con la Carità siamo ai ferri corti, troppi
immigrati (e poi l’Europa ci ha
abbandonati!). Pazienza, ci metteremo d’accordo con la Libia; e poi c’è papa Francesco, che ci invita alla
coerenza (come dice una suora mia amica). E’ morto anche Enzo Bettiza, italiano
nato a Spalato, giornalista colto e scrittore di peso, che seguivo tanti anni
fa, quando era liberale.
Poveri
noi! Ora, dopo qualche coda di lavoro da sbrigare in settimana, ci aspettano le
smanie d’agosto; potrei farne fin d’ora una cronaca dettagliata, del parlare
accaldato sul parlare accaldato. Se mi va commenterò entro luglio ciò che dirà
Renzi a Ferragosto; ma spero che non mi vada. Per fortuna ho qualche libro in
mente da studiare con concentrazione. Resteremo in contatto (non temete!).
29
luglio 2017
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