sabato 29 luglio 2017

Fili contorti

Impressioni da una vacanza
(di Felice Celato)
Difficile dire, dopo una breve incursione in terre per me sconosciute e anche culturalmente assai trascurate, che cosa riporto da questi sette giorni, senz’altro piacevoli, di vacanza Dalmata e Bosniaca: l’apparente tolleranza di una città ancora segnata dalla guerra recente, Sarajevo; il cimitero ebraico sefardita che la sovrasta, deserto completamente (solo due cuccioli di cane ci hanno fatto compagnia); il tunnel (in piccola parte ancora percorribile) scavato a mano per sfuggire all’accerchiamento dei feroci compatrioti; tanta gente in giro, donne vestite secondo il costume mussulmano più severo, accanto a donne vestite (meglio: svestite) all’occidentale; l’impronta turca, anche nel cibo; in molti ristoranti non si servono alcolici; la piena modernità del centro commerciale dove si trovano tutte le cose che ci sono da noi.
Poi, il ponte di Mostar e le strade terribili per andare verso la costa Montenegrina, le bellissime Bocche di Cattaro (Kotor), anche queste piene di gente, depositata a valanghe da enormi navi crociera, l’isola con la chiesa del miracolo, l’isola col cimitero, Perast, gente simpatica. E poi, su verso la Croazia del gioiello veneziano Ragusa (Dubrovnich), iper-affollata, tenuta benissimo, persino le pietre che lastricano le strade storiche sono lucide; e infine Spalato, moderna e affollata anch'essa, un porto turistico vivace ma cresciuta attorno al mausoleo del più feroce persecutore dei cristiani, l’Imperatore Diocleziano (nato lì vicino), diventato santuario dei martiri (splendide ironie della storia, sottolinea un depliant venduto alla porta della chiesa); ovunque tanta gente, masse di turisti che ci ricordano quanto la massa sia diventata la naturale dimensione del viaggiare; le memorie della guerra, finita meno di venticinque anni fa, un po’ dovunque, nei tanti cimiteri, nei confini arcigni, in qualche traccia ancora visibile di quella straordinaria esplosione di odio fratricida che vorrò ri-studiare quest’inverno.
In questi sette giorni assolati e affollati, pochi contatti con l’Italia, giusto una scorsa frettolosa ai giornali Italiani (i gazzettini del quotidiano sconforto) e qualche bega di lavoro che riemergeva dall’operosità di coloro che ancora erano restati a mandare avanti la baracca.
Riprendo i contatti con la nostra realtà, senza rimpianti per l’assenza: è finito l’amore per Macron, i vaccini sono legge, l’acqua manca, il lago scende, il fuoco impazza, l’Atac – con nostra grande sorpresa – non va bene; è morto Pasquano, il medico legale di Montalbano; ma per fortuna abbiamo Fede (intesa per tale la Federica Pellegrini, che tutto  il mondo ci invidia); non ci manca nemmeno Speranza (inteso per tale l’astro nascente della galassia PD che aspira a trascinare le folle); però con la Carità siamo ai ferri corti, troppi immigrati (e poi l’Europa ci ha abbandonati!). Pazienza, ci metteremo d’accordo con la Libia;  e poi c’è papa Francesco, che ci invita alla coerenza (come dice una suora mia amica). E’ morto anche Enzo Bettiza, italiano nato a Spalato, giornalista colto e scrittore di peso, che seguivo tanti anni fa, quando era liberale.
Poveri noi! Ora, dopo qualche coda di lavoro da sbrigare in settimana, ci aspettano le smanie d’agosto; potrei farne fin d’ora una cronaca dettagliata, del parlare accaldato sul parlare accaldato. Se mi va commenterò entro luglio ciò che dirà Renzi a Ferragosto; ma spero che non mi vada. Per fortuna ho qualche libro in mente da studiare con concentrazione. Resteremo in contatto (non temete!).

29 luglio 2017

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