venerdì 18 dicembre 2015

Stupi-diario degli animali

La rana ed il bue
(di Felice Celato)
Fin dai tempi dell’antica Grecia, gli uomini si sono divertiti a veder tratteggiati in alcuni animali i propri difetti, anzi sempre illudendosi che quelli incarnati dai vari lupi, leoni, buoi, rane, capre, pecore, asini, etc. fossero – in realtà – i difetti degli altri, dei quali si poteva ridere con saggio compiacimento. E da Esopo (VI sec. a.C.) fino ad Orwell (XX sec.) , passando per Fedro (I sec. d.C.), La Fontaine (XVII secolo), e anche per Trilussa (XX secolo), molti scrittori sono passati alla storia della letteratura per le loro favole, talora forse sentenziose, ma sempre divertenti e molto spesso sagge.
Direi che queste curiose analogie seguitano tuttora ad avere successo, talora largo: si pensi alla personificazione del gufo come emblema del menagramo, divenuta nei tempi recentissimi tanto popolare da comparire persino, con insistita frequenza, nei discorsi del nostro Presidente del Consiglio e, di converso, in quelli dei poco fantasiosi suoi oppositori.
Ce n’è uno, però, fra questi animali, che, forse, di tanto in tanto, vale la pena di “rivisitare”: si tratta della rana, da sempre simbolo un po’ goffo di rumorosa vacuità, spesso fessa o vagamente stolida.
Almeno qui da noi, in Italia, dove abbiamo tante cose che “tutto il mondo ci invidia”, la rana mi pare un po’ passata di moda; forse perché da noi di fessi ce n’è pochi, anzi, si sa, siamo famosi per la nostra intelligenza! E difatti la vedo veramente poco citata, non ostante che col suo noioso gracidare, immersa in uno stagno nemmeno tanto pulito, ben si attaglierebbe a simboleggiare tanti dei modi con cui ci auto-rappresentiamo.
Eccola qua, per esempio, in una deliziosa favoletta di Fedro (credo):

Una volta una rana vide un bue in un prato.
Presa dall’invidia per quell’imponenza prese a gonfiare la sua pelle rugosa.
Chiese poi ai suoi piccoli se era diventata più grande del bue.
Essi risposero di no.
Subito riprese a gonfiarsi con maggiore sforzo e di nuovo chiese chi fosse più grande.
Quelli risposero: “Il bue”.
Sdegnata, volendo gonfiarsi sempre più, scoppiò e morì.
Quando gli uomini piccoli vogliono imitare i grandi, finiscono male.

Diranno i miei pochi lettori: ma come ti viene in mente ‘sta rana, in mezzo ai tanti problemi che abbiamo?
Beh, sapete che non me lo ricordo? Non so, forse leggendo i giornali di stamane…..
Roma 18 dicembre 2015


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