Un antidoto contro
lo sfarinamento?
(di Felice Celato)
Un
lettore abituale di questo blog (non
proprio un follower ma comunque un
amico) mi ha fatto una scherzosa osservazione: “verità, perdono e ora anche buon esempio (post Tempi lunghi, del 18 scorso); a quando la prescrizione di fioretti?”
Lì
per lì ci ho sorriso; ma poi ci ho riflettuto e un’idea di un utile fioretto mi
è venuta, parlando con una gentilissima tassista.
Racconto
l’episodio: di solito utilizzo le (per me) inevitabili conversazioni coi
tassisti per esplorare l’andamento dell’economia: la domanda di trasporto taxi
è, secondo me, un utile indicatore empirico di come va l’economia, come lo
sarebbe, per esempio, il numero di camion che percorrono l’autostrada o il consumo di elettricità. E poi i
tassisti sono spesso assai più saggi di come li si pensa. Ma stavolta, non so
perché, la gentile tassista ha portato la conversazione su una sua “disgrazia”:
un figlio reso inabile da una vaccinazione degenerata in gravi lesioni
cerebrali. Una vera tragedia; che però la tassista commentava prendendosela con
al lobby delle case farmaceutiche che
spingono per vaccinazioni inutili, anzi dannose.
Mi
sono detto (fra me e me): ma 30/40 anni fa, se ci fosse, malauguratamente,
toccata una disgrazia del genere, ci sarebbe venuto in mente di pensare di
essere vittima di una lobby delle
case farmaceutiche produttrici di vaccini?
Confesso
che le mie letture sul “capitale sociale” (vedasi il post sopra citato) si stanno rivelando molto deludenti: non mi pare
che dal grande dibattito fra economisti, sociologi e politologi, emerga un
concetto univoco e temo che alla fine delle letture dovrò rassegnarmi a questa
evidenza, forse per colpa degli economisti con le loro manie di “misurazione”;
e purtuttavia a me pare di averlo chiaro, questo concetto, del resto accennato
anche dal Papa Emerito nella sua monumentale enciclica Caritas in Veritate (“quell’insieme
di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole,
indispensabili ad ogni convivenza civile”, CV, 32)
Ecco,
l’opinione della gentile tassista (con tutto il rispetto che la sua esperienza
impone) è proprio la dimostrazione di questo sfarinamento del nostro capitale
sociale cui, inconsapevolmente o surrettiziamente, progressivamente o
scivolosamente, diamo il nostro consenso ogni giorno, senza avere piena
coscienza della sua pervasiva distruttività. Anche la produzione di vaccini –
della quale è difficile contestare i benefici effetti sul vivere umano – ci
appare allora avvolta in una nube tossica di intenti perversi.
E il
fioretto che il mio amico temeva, eccolo qua: proviamo tenacemente a vivere
come se il prossimo sia degno di fiducia fino a prova contraria, invece che
come se il prossimo sia degno di ogni sospetto e sfiducia sino a prova inconfutabile
della sua innocenza.
Lo
so, è difficile; persino un umile mendicante che chiede l’elemosina sulla porta
di una chiesa mi ha fregato, facendomi credere ad un suo urgente bisogno che
non aveva (e non nascondo che mi ha fatto molta rabbia, perché non ho dato retta a chi mi suggeriva di diffidare); né mi piace dipingermi irenico ed ingenuo come di certo non sono, per età e per natura ("etnica"? dicono che i marchigiani siano diffidenti...)
Ma,
credo, questo fioretto che sfida l’ironia di un amico, potrebbe essere un esercizio civile
che protegge il capitale sociale. E che, forse, fa anche bene, da subito, alla
nostra dubbiosa esistenza.
Roma
27 giugno 2015
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