sabato 4 luglio 2015

5 luglio 2015

Così la democrazia muore: per abuso di se stessa. E prima che nel sangue, nel ridicolo.
(Platone, La repubblica, capitolo VIII)

Una data che sicuramente ricorderemo
(di Felice Celato)
Da tempo sono convinto che non sia saggio tirare le (ricchissime) somme “didattiche” delle vicende Greche (che sto seguendo attentamente, fors’anche per distrarmi in questi giorni di tutto dubitosi), prima che queste siano finite. E temo che il tempo delle conclusioni sia destinato ad allontanarsi, perché delle vicende Greche dovremo occuparci ancora a lungo, a prescindere dall’esito dello sciagurato referendum di domani.
Ma, francamente, proprio quest’ultima follia demolatrica e populista del Governo Greco mi induce ad anticipare una serie di conclusioni (provvisorie, come lo sono tutte quelle che l’uomo tenta di formulare) che provo ad allineare, prescindendo da ogni considerazione di natura economico-finanziaria sulle quali, del resto, si esercitano più o meno acutamente tutti i giornali nazionali ed internazionali che riesco a catturare sul tema (Corriere, Sole, WSJ, Les Ecos, Guardian, Ekatamirini, etc).
Quando in una contesa elettorale si “promettono” populisticamente agli elettori obbiettivi impossibili da conseguire contemporaneamente (WSJ) per la loro naturale contraddittorietà (cancellazione di debito e protezione dei depositi dei Greci, ripresa della spesa pubblica e permanenza nell’euro); quando si affronta un negoziato così delicato e difficile in forme spregiudicate e, talora, grossolanamente inidonee a conseguire un qualche risultato, in tempi accettabili e mantenendo al proprio paese il rispetto internazionale che anche la Grecia sicuramente merita; quando si convoca il demos per esprimere un parere su una materia tanto complessa e tecnicamente delicata (le richieste dei creditori, contenute in un documento che fino a qualche giorno fa – leggo sull’edizione in inglese del giornale greco Ekatamirini – non era ancora stato tradotto in greco); quando si suscitano ingovernabili turbamenti nei cittadini, avviando il proprio sistema bancario verso la più classica ed ovvia delle fughe dai depositi; quando si spaccia un “imbroglio” come il referendum (il termine “imbroglio” non è mio ma di Ekatamirini) per vera democrazia; quando tutte queste cose vengono messe insieme senza considerare la crisi di fiducia reciproca che da esse non può che derivare ad un’opinione pubblica provata, scossa ed incompetente, non può che altamente dubitarsi degli esiti di questo esperimento demolatrico che attende i poveri Greci domani.
I giornali (Corriere, Sole e WSJ) hanno messo in fila gli interventi che il salvataggio della Grecia ha imposto in questi anni come pure il disperdimento dei buoni risultati che, già alla fine dell’anno scorso, cominciavano a maturare come altrove sono maturati in occasioni simili; e non è il caso di ritornarci qui.
Vale forse invece la pena di porsi una domanda e formulare un invito all’osservazione. La domanda: ha senso che i destini dell’Europa e della sua moneta (perché in buona parte di questo stiamo parlando!) dipendano da quello che capiscono gli elettori greci (chessò, l’albergatore di Mikonos, il pescatore di Santorini, l’operatore turistico di Atene, lo scaricatore di porto di Salonicco o il pensionato greco isolano o continentale, etc) di una trattativa che è ancora oscura agli specialisti; e che questa decisione, da maturare in 7 giorni, possa condizionare le future imposte di tutti gli altri paesi creditori, che non votano sulla permanenza della Grecia nell’Euro? L’invito all’osservazione: quali dei nostri sudati politici si affannano per difendere l’esperimento demolatrico in corso in Grecia? Osserviamoli, attentamente.
Certo, su questo sfondo di clamorosi errori del Paese ma più ancora del suo Governo, non saranno certo mancati dall’altra parte errori, e anche gravi, magari tutti riconducibili allo stesso male che affligge la Grecia: una clamorosa assenza  di leadership politica, in un caso (quello dei creditori) per la confusione istituzionale e, talora, per la mancanza di vision che ha caratterizzato il tavolo delle trattative; nell’altro (quello Greco) per l’inadeguatezza dei negoziatori e per la base populistica del loro consenso.
Vedremo, domani sera; certo il 5 luglio 2015 sarà un giorno di cui si parlerà a lungo, in bene (speriamo) o in male (temiamo).
Roma 4 luglio 2015
PS: un amico greco col quale ho scambiato queste opinioni mi ha dato torto su quasi tutto, tranne sulle colpe dei creditori, che – mi pare di capire – devono continuare a pagare e tacere.



4 commenti:

  1. Quanto segue sono banalità, ma banalità con le quali in questi giorni stiamo faccia a faccia.

    Per quanto riguarda la democrazia (piu' o meno rappresentativa) devo spendere due parole: per quanto sia pericolosa, propensa al populismo, soggetta ai media etc... resta sempre, a mio avviso, il sistema più "giusto" in quanto non ne esistono altri immuni da egoismi, stupidità, credenze.
    Nemmeno al termine di un lungo concorso pubblico abbiamo le certezza che i vincitori siano i migliori, quindi non vedo come si possa scegliere il monarca, il dittatore, gli oligarchi, il bilderberg, la troika, il partito.....senza incorrere negli stessi rischi della democrazia.. Quindi trovo giusto che i Greci decidano del loro destino (direttamente o indirettamente cambia solo in termini di costi...non a caso Tsipras sosteneva la posizione risultata vincente) anche se questo ha conseguenze su altri popoli. E' giusto che i greci scelgano se muovere guerra alla Macedonia senza interrogare i Macedoni?

    Sulla partita che si sta svolgendo in Europa tra creditori e debitori dobbiamo considerare due gradi autori, Machiavelli e John Nash: in questo gioco ognuno punta a ottenere il massimo in un "gioco competitivo a somma zero", quello che rimane da trovare è il punto di equilibrio, l'obiettivo è quello di raggiungere il massimo guadagno individuale, ma anche quello collettivo.
    Tsipras punta sul fatto che l'Europa non voglia la loro uscita e quantifica questa paura in 30% di taglio del debito (e forse le conseguenze DIRETTE per i paesi europei sarebbero minori in questo modo rispetto ad una Grexit). Inoltre dobbiamo ricordare il solito problema dei crediti deteriorati: meglio il 70% oppure il rischio di fallimento e non vederne nulla?
    Ma innanzi tutto i paesi europei devono valutare le conseguenze psicologiche e l'effetto emulativo che una simile operazione potrebbe portare... quanto impiegherebbero Grillo e Salvini (con l'ampio consenso degli Italiani) a imitare la strada Greca? e poi la Spagna, il Portogallo, etc....
    Ai posteri e ai Matematici l'ardua sentenza...

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  3. Non condivido completamente, ma ne consiglio comunque la lettura: http://www.eutopiamagazine.eu/it/piero-ignazi/speakers-corner/grecia-non-poteva-andare-peggio

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