Urge trovarli!
(di
Felice Celato)
Non
occorre essere provati dal lungo caldo e da una fine stagione lavorativa
inaspettatamente densa; non occorre nutrire – come accade a chi scrive questa
nota – intense e solitarie ansie liberali (associate a furiose allergie verso
ogni forma di dilagante retorica statalista); non occorre – credo – essere
refrattario ad ogni irresponsabile ottimismo per avvertire un senso angoscioso
di inadeguatezza della nostra società e della sua cultura dominante.
Sfogliando
i giornali (solo il fatto che li leggo su un tablet mi impedisce di appallottolarli al secondo titolo!), ogni
giorno traggo l’avvilente sensazione che il dibattito pubblico (per non dire di
quello sincopato e stereotipato dei politici!) non sia più in grado di macinare
idee (salvo rare eccezioni, ovviamente), preso com’è dall’esigenza di
sopravvivere a se stesso attraverso la ruminazione di banalità del tutto
inadeguate alla complessità dei problemi che abbiamo di fronte; problemi antichi
e irrisolti (debito pubblico, disavanzo pubblico, pressione fiscale, etc), o
vergognosamente ricorrenti (“mondezza” delle città, inefficienza dei servizi
pubblici, capitalismo municipale, sindacalismo irresponsabile, etc), o nuovi,
almeno per dimensione ed urgenza (immigrazione, imprese e giustizia, etc); su
nessuno di essi planano colpi d’ala, per nessuno di essi sento maturare linee
d’azione decisive, dappertutto (quasi dappertutto) si rimuginano dibattiti
esausti, con gli stessi linguaggi e – inevitabilmente – le stesse storie.
Andremo
avanti così, forse senza collassi, declinando lentamente. Del resto il
decadimento antropologico – di cui abbiamo parlato più volte – non può che
avere radici sociologiche e, prima ancora, culturali.
Per
fortuna, a medicina del mio umore cupo, la liturgia festiva offre oggi una
pagina ben nota a tutti (beh!....diciamo a molti): la moltiplicazione dei pani
e dei pesci, con un protagonista oscuro, il ragazzo che aveva in borsa cinque
pani d’orzo e due pesci: veramente poco per cinquemila persone ma sufficiente
per dar vita alla moltiplicazione (non creazione dal nulla!) operata da Gesù.
Ecco,
uscendo dal significato proprio del racconto di Giovanni (che si inserisce
nella lettura “dei segni”, come sanno appunto…quei molti di cui dicevamo poco
fa), raccogliendo le energie vitali di un pessimista scontento di esserlo, mi è
piaciuto leggere nel racconto un senso che mi viene facile esprimere col mio
linguaggio di (ex) uomo di finanza: il “leverage”
di Dio.
Che
cos’ è il leverage? E’ l’applicazione
di un capitale di terzi ai mezzi propri dell’azienda al fine di incrementarne
la redditività: se hai solo cinque pani d’orzo e due pesci ed un Terzo Provvidente
puoi produrre nutrimento per molti (oh! Statalisti di ogni risma: beninteso, per i
lavoratori, per i fornitori, per il fisco e - alla fine, se ne rimane - anche per l’imprenditore!)
Ci
sono rimasti cinque pani d’orzo e due pesci? Se sì, c’è ragione di non
disperare.
Roma
26 luglio 2015
P.S.
Sento dire – e , ovviamente, spero ardentemente che sia vero – che i congiunti
di una signora orrendamente assassinata ad Asti hanno deciso di prendersi cura
della figlia malata dell’assassino della loro cara. Altro che cinque pani
d’orzo!
P.P.S.
Un gruppo di intellettuali Italiani ha pubblicato un bel libro, che raccomando
a tutti: I beni comuni oltre i luoghi
comuni (IBL, 2015), a cura di Eugenio Somaini. Se lo leggessero (e lo comprendessero) in molti,
avremmo anche i due pesci!
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