martedì 14 luglio 2015

Inevitabilmente, Grecia

Demolatria, democrazia e demofobia
(di Felice Celato)
Che la vicenda Greca sia lungi dall'essere conclusa, lo dicevamo già qualche giorno fa; e i fatti del weekend me lo confermano con chiarezza, non ostante la loro apparente conclusività.
Eppure la storia è così ricca di materiale didattico (per i Greci, per noi e per l’Europa) che viene difficile non affondarvi le mani, magari - per ora - limitandoci agli insegnamenti più generali. E fra questi ce n'è uno che mi pare veramente perenne: i popoli pagano sempre, e fino all'ultimo centesimo, la colpa di essersi scelti dei capi sbagliati.
Ben lungi dall'essere un demolatra, sono però un convinto e rassegnato democratico, nel senso che non posso esimermi dal riconoscere che in tanti secoli di storia ( e di riflessione) l'uomo non è  stato in grado di concepire un sistema di governo meno pericoloso della democrazia, che pure lo è, intrinsecamente pericolosa ( da questo punto di vista mi sento piuttosto un  democratico con tendenze demofobiche).
Questo curioso abuso della statistica, come diceva Borges, ha comunque i suoi momenti topici, i punti drammatici in cui si gioca l'intera architettura del sistema, quando, cioè, il demos sceglie i suoi capi. Lì, un errore può diventare fatale, direi tragico come insegnano, solo nell'ultimo secolo, le storie dei tedeschi, degli italiani, dei palestinesi, degli iraniani....e dei Greci; e il conto da pagare, in caso di errore, è spesso ben più salato di ogni anche negativa aspettativa.
Scegliere un capo non è, come credono di "pensare" i demolatri di casa nostra,  (solo) la scelta di un programma, cioè di fatti (magari normativi) da mettere in fila pedissequamente per raggiungere il fine della (relativa) felicità politica. I programmi politici infatti (cui spesso si tributa un'adorazione meta-fattuale), quando non sono parole a vuoto (il che accade spessissimo), oltre ad essere per natura tecnicamente complessi, valgono  in assenza di comportamenti altrui in conflitto con i programmi stessi: per esempio, poteva avere Syriza chiesto il voto sulla base del programma di cancellazione del debito e della preservazione dei depositi dei Greci; ma i creditori (e fors’anche il buonsenso) potevano bene non essere d'accordo. E allora il capo che fa? Ritorna dal popolo, come se fosse un bamboccio mero veicolatore di aspettative altrui? O mette in campo la sua leadership democratica assumendosi la responsabilità di adattare il programma (avventatamente) promesso alle circostanze di fatto che ne limitano o addirittura ne escludono il conseguimento?
Scegliere un capo è – invece e secondo me –  valutare, più che semplicemente un programma (più o meno vago, più o meno compreso, più o meno perseguibile in concreto), la rispondenza delle sue idee e del suo profilo umano, etico e professionale alle esigenze chi si ritengono prevalenti per la società che dovrebbe governare. È, per così dire, una scelta umanistica, una scelta che postula saggezza più che competenza tecnica; una scelta difficile perciò, per la quale però è più facile presumere (salvo prova contraria)  la sussistenza, nel demos,  di criteri di giudizio, che non su temi come, ad esempio, la permanenza nell'euro o altri di analoga complessità.
Si dirà che la mia è una concezione antiquata, forse romantica, della democrazia, forse addirittura incompatibile con l’infrastruttura mediatica che governa ormai il mondo, somministrando quotidiane pillole di “arte del governo” con messaggi di 140 caratteri. 
E forse è vero. Pazienza! In questo sta la vena rassegnata delle mie convinzioni democratiche.
Roma, 14 luglio 2015 (226° anniversario della presa della Bastiglia)

È noto a tutti i lettori di questo blog che non sono un politologo, e perciò le reprimende di chi ne sa più di me sono da mettere in programma. Come, invece, esperto di cose economiche e amante dei numeri mi permetto di segnalare un articolo sulla vicenda Greca che, mi pare, faccia chiarezza su punti sollevati da molti demolatri  e mistificatori di casa nostra:

Giavazzi e Alesina sul Corriere della Sera di oggi : Ideologie e numeri.

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