Un affollato
crocevia
(di Felice Celato)
C’è,
secondo me, al centro della nostra civitas
(qui nel senso di una città metaforica) un crocevia dove si affollano i flussi
informativi e formativi di una autentica e responsabile cittadinanza, tanto
imponenti e densi da risultare potenzialmente paralizzanti.
Si
badi bene (lo premetto a scanso di equivoci!) ciascuno di questi flussi ha una
sua “legittimità” culturale e sociologica (prima che giuridica, ovviamente),
come la avrebbero, nel mondo fisico, le correnti di traffico che si affollano
verso il centro della città da tutte le parti della periferia; purtroppo però,
la loro intersezione, se non adeguatamente moderata, rischia di ingorgare
l’intera città e di trasformarla in un inestricabile nodo dove tutto sta
fermo…e perciò marcisce.
Mi
spiego meglio con esempi fuori di metafora: hanno forse torto i giornalisti di
“inchiesta” che ogni giorno ci additano sprechi ed inefficienze della nostra civitas? Si può forse tacitare chi
magari, talora (sempre più raramente, per la verità), ci fa sorridere (più spesso
però ridere e sghignazzare) della nostra classe politica, o forse addirittura –
il termine qui ha senso sociologico – della nostra classe dirigente nel suo
complesso? Si può ragionevolmente dar torto ai politici che, nel contendersi il
potere, demonizzano le altrui scelte (salvo pensarne altre non meno scellerate)
quando sono risultate foriere di sprechi, di debito non rimborsabile, di
corruzione, di scandali? Si può mettere a tacere l’ondata di cinico,
sprezzante, superficiale e banale malcontento che trasuda sulla rete, nei c.d. social media e sugli spazi dedicati
(ahimè!) alle “opinioni” dei lettori dei giornali e o degli ascoltatori di
trasmissioni radio o TV?
La
risposta a queste domande è, evidentemente, no! Se siamo e vogliamo restare una
società libera, fondata sulla libertà dell’informazione e dell’opinione, non si
può!
Del
resto, si parva licet componere magnis,
sarebbe accettabile vietare il flusso di persone e merci che affollano le
strade fisiche? Che cosa diventerebbe la nostra società se persone e cose non
potessero più circolare liberamente?
Eppure
le nostre città, attraverso organi decisionali democraticamente eletti, hanno
accettato di limitare il traffico nei centri delle città, disciplinandone
modalità, orari, percorsi; cioè, come cittadini, intermediati dai nostri
rappresentanti, abbiamo accettato di limitarci, anzi di autolimitarci nella
fruizione delle strade più centrali e spesso anche di quelle periferiche. E lo
abbiamo fatto perché ci siamo resi conto che flussi troppo intensi di traffico
sono dannosi, prima di tutto a noi stessi.
Ora,
io mi domando: ci rendiamo conto di quanto danno (ben superiore a quello del
traffico!) arrecano a noi stessi, ai nostri figli, alle nostre possibilità di
avere un futuro degno di essere desiderato, i flussi di discredito reciproco e
generalizzato che ci versiamo quotidianamente addosso?
Non
sarebbe il caso di porci il problema?
Si
dirà: eh! Ma così tu vuoi limitare le sacrosante libertà costituzionali,
addirittura immagini un Grande Censore, un Educatore Centrale, vuoi soffocare
il diritto di satira (nel quale si comprendono – secondo il “pensiero” di
sinistra – anche le più grossolane volgarità spacciate, appunto, per “satira”),
tu vuoi ingessare la società e coprire le malefatte del potere!
Francamente
non credo proprio! Non voglio entrare nella disputa filosofica se la libertà
sia un fine o un mezzo, il più nobile dei mezzi ma pur sempre un mezzo per
consentire la più ampia realizzazione delle potenzialità dell’uomo. Dico solo,
con Gioberti (che di libertà se ne intendeva!), che “ i più gran nemici della libertà non sono quelli che la opprimono ma
quelli che la deturpano”; e del resto mi sono sempre considerato un vero
liberale! E censure non ne ho mai accettate e men che meno desiderate. Qui, mi
pare, il problema non è di libertà ma di autocontrollo (come quello dei
cittadini che, tramite i loro sindaci, votano per limitare il traffico al
centro!): se distruggiamo tutto, se su tutto gettiamo discredito sistematico, se a nulla
facciamo credito di voler costruire (magari commettendo errori) qualcosa
diverso dall’egoismo incontrollato o addirittura dall’avidità più insensata,
che cosa resterà della nostra società?
Roma,
5 ottobre 2014
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