lunedì 27 ottobre 2014

Accidie

Il demone del mezzogiorno
(di Felice Celato)
Sia stato l’effetto del ritorno all’ora solare, o quello di una cena amicale un po’ pesante, o quello di un week-end addensato di nocive retoriche vociate su piazze vocianti (e non solo lì); fatto sta che oggi mi pareva di essere preda del demone del mezzogiorno, dell’accidia, cioè di quella tentazione che – come insegnavano i vecchi maestri – ci pervade quando ogni ardore è spento, l’irrequietezza interiore ci provoca un disgusto negligente, la stanchezza ci pesa in modo esagerato e l’entusiasmo ci pare un sentimento negativo.
Dante fa dire agli accidiosi (Inf. VII, 121 e sg) “tristi fummo/nell’aere dolce che del sol s’allegra/portando dentro accidioso fummo” e li pone accanto agli iracondi, forse pensando – mi pare con San Tommaso – all’accidia come un defectus irae. San Paolo (2 Cor. 7,10) la chiama “la tristezza secondo il mondo” e addirittura dice che “produce la morte”.
Con questi sentimenti…gioiosi, per fortunata coincidenza ho letto (su Avvenire.it) il discorso di Papa Francesco all’inaugurazione di un busto dedicato dalla Pontificia Accademia delle Scienze a Benedetto XVI : “un grande Papa…per la forza e penetrazione della sua intelligenza, grande per il suo amore nei confronti della Chiesa e degli esseri umani, grande per la sua virtù e la sua religiosità….Certo di lui non si potrà mai dire che lo studio e la scienza abbiano inaridito la sua persona e il suo amore nei confronti di Dio e del prossimo, ma al contrario che la scienza , la saggezza e la preghiera hanno dilatato il suo cuore e il suo spirito”.
Questo discorso mi ha aperto la mente ad una considerazione consolante, direi entusiasmante, almeno per noi fedeli, appassionati della Chiesa e orgogliosi di appartenere (senza merito) a questa civitas che, in mezzo a tante difficoltà e cadute, pure nel tempo si rinnova come forse nessuna civitas terrena riesce a fare, alternando i carismi dei suoi capi, secondo leggi misteriose soffiate nelle teste canute dei cardinali che li eleggono.
Ma fatalmente – il demone del mezzogiorno non mi ha ancora del tutto abbandonato, non ostante l’iniezione di entusiasmo clericale! – per converso mi è corso il pensiero alla città terrena che, invece ed in fondo,  tanto spesso esprime leaders secondo logiche di continuità emotiva, pur – talora – nella apparente diversità partitica, perché nessun vento soffia a spazzare la nebbia delle nostre menti. E quando, più o meno felicemente, accade, le “esigenze democratiche” provvedono a riallineare i cambiamenti nei fatti, magari lasciandoli tali nelle apparenze. “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” diceva il principe di Salina…a piazza san Giovanni, mi pare.
Forse la nostra città terrena è anch’essa gattopardescamente accidiosa?

Roma 27 ottobre 2014

Nessun commento:

Posta un commento