domenica 28 ottobre 2012

Stupi-diario web


Tempi in rete
(di Felice Celato)
Stamattina ho ascoltato, come ogni domenica mattina, una bellissima trasmissione radio (su Radio Radicale, dopo la quotidiana rassegna stampa): si tratta di Media e dintorni, dove vengono analizzate con chiarezza e competenza le tendenze evolutive del mondo dei media: ha appreso, con iniziale conforto, che, secondo rilevazioni internazionali, sembra, sorprendentemente, in calo il tempo medio della connessione in rete degli utenti di internet (io stesso, si badi bene, ne sono utente, di internet, ma onestamente, credo di poter dire, con – almeno presunta – saggezza). Poi però, il conforto è scomparso quando ho sentito che, sempre secondo rilevazioni internazionali, pare che stia sfuggendo la capacità di misurare questo tempo di connessione, in quanto, la maggior parte degli utenti rilevati, dichiara di non saper più distinguere con chiarezza (grazie a tablets e smart-phones) quando è connesso e quando non le è.
Terribile!
Mi è venuta in mente quella tendenza delle organizzazioni aziendali moderne che va sotto la sigla di BPO (Business Processes Outsourcing): in termini più semplici, si tratta di quella (sana)  tecnica organizzativa che, per flessibilizzare la struttura dei costi, tende a trasferire all’esterno (Outsuorcing), a strutture specializzate, alcuni processi di business non strettamente core, cioè non essenziali rispetto allo svolgimento di un processo industriale (tipicamente: la gestione delle paghe, la gestione di centri elettronici, etc).
Bene: questa confusione fra tempo in rete e tempo non in rete, mi pare una sorta di Brain Processes Outsourcing, quasi un trasferimento del cervello (Brain, appunto) al di fuori di noi, in rete, quasi come se il processo del pensare autonomamente ci stia diventando non-core, non essenziale rispetto al nostro mestiere di umani. Forse è questa una delle componenti fondamentali di quella crisi antropologica di cui da tempo mi vado convincendo?
Se qualcuno pensa che esageri, provi a leggere, con (spero, riluttante) costanza, i commenti che continuamente arrivano ai giornali su qualsiasi notizia, un terribile florilegio di quel dissennato opinionismo istantaneo di cui soffre il nostro mondo: tutti hanno qualcosa da dire su tutto, e rigorosamente a caldo (ovviamente con abbondanza di indignazioni e di punti esclamativi), senza che (quasi) nessuno abbia competenza su quanto sentenzia. Mi sono sempre domandato perché i direttori dei giornali pubblichino questi borborigmi elettronici, che poi diventano "le opinioni del popolo della rete"(sempre connesso, ovviamente).
Mah! Speriamo bene!
Roma 28 ottobre 2012

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