domenica 14 ottobre 2012

Sveglia, Italiani d'Europa!


L’Italia e il Nobel per la pace
(di Felice Celato)
Da molto tempo l’assegnazione dei premi Nobel (mi riferisco ai tre per i quali posso coscientemente formulare un giudizio, cioè quello per la Pace, quello per la Letteratura e quello per l’Economia) ha smesso di interessarmi. Confesso, anzi, che talora le decisioni assunte mi hanno addirittura disgustato (per tutti: il Nobel per la Pace del 1994, assegnato niente meno che ad Arafat e il ruffiano Nobel ad Obama appena eletto) o lasciato profondamente perplesso (per esempio, i Nobel per la Letteratura a Gunther Grass e a Dario Fò).
Dunque nemmeno il Nobel per la Pace assegnato quest’anno all’Europa mi ha impressionato.
Però, un merito questa assegnazione, devo riconoscerlo, ce l’ha: ha ricordato a tutti gli immemori nostri concittadini Europei (e quindi – sperabilmente – anche a molti Italiani un po’ fessi) un merito straordinario dell’Unione Europea: quello di aver assicurato al Vecchio Continente il più lungo e prospero periodo di pace della sua travagliata storia.
Un merito non da poco, sarebbe folle negarlo; di più: un merito epocale e fondante, che varrebbe da solo a bilanciare le tante delusioni che la costruzione dell’Europa ci ha poi riservato e continua a riservarci, anche per la pochezza delle sue leaderships.
Eppure le tragiche memorie delle guerre non sono così lontane nel tempo (non sono ancora passati cent’anni dalla I guerra mondiale, coi suoi 16 milioni morti e poco più di sessanta dalla II, coi suoi 50 e passa milioni di morti) e nello spazio (basti pensare alla guerra che si è combattuta al confine orientale dell’Italia dopo la dissoluzione della Jugoslavia o alle guerre che tuttora si combattono a poche miglia dalle nostre coste mediterranee). In fondo, basta pensarci un po’ nella prospettiva di oggigiorno, le due guerre mondiali non furono altro che delle gigantesche guerre civili Europee che assunsero una dimensione mondiale per il coinvolgimento di Stati Uniti e Giappone ma che presero corpo proprio per fatali ed insane passioni dell’Europa (dai nazionalismi che incendiarono l’Europa dei primi anni del secolo scorso alle aggressive ideologie del fascismo e del nazismo).
La storia del secolo scorso ci ha insegnato con tragica chiarezza il costo morale e civile ed umano della non-Europa ma la gran parte di noi  [almeno di quelli che parlano presumendo di interpretare il sentire popolare che invece concorrono a (de)formare] non sembra averne coscienza e sfida i moniti ineludibili della storia diffondendo panzane incoscienti (anzi, facendosene bandiera) per bocca di cacicchi provinciali ed incolti.
Allora, ben venga anche il (decaduto) Nobel all’Europa, quand’anche, risibilmente, già si disputi su chi debba andare a ritirarlo.
La storia ci ha insegnato, come dicevamo, il costo della non–Europa; speriamo che il futuro ci insegni il beneficio dell’Europa, nonostante da noi non se ne vedano le premesse.
Per noi Italiani, in questo tragico contesto che viviamo confusi, depressi e forse disperati, c’è insito in questa memoria un monito, temo inutile: non scherziamo, ragazzi! Oggi le decisioni che contano veramente per i cittadini non si prendono né a Roma né, tampoco, a Vasto. Qui si possono dibattere confusamente le alchimie elettoralistiche, le vecchie begucce delle troppe botteghe, ed altre apparenti miserie di ideologie proto-novecentesche; ma il benessere dei cittadini, il quadro dei loro diritti, la loro aspirazione di un futuro non misero si formano altrove, da parte di uomini di cultura Europea, che conoscono il mondo ed hanno viaggiato al di fuori del loro municipio e sanno farsi apprezzare nei luoghi che contano, dove non servono le narrazioni e le bolse retoriche di vecchi e pittoreschi provinciali che alimentano le loro idee controllando su Twitter i riflessi delle stupidaggini che hanno diffuso.
Se si crede che così non è, basta dirlo con chiarezza ed aspettare le conseguenze: l’attesa, temo, non sarà lunga!
Roma, 14 ottobre 2012


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