Difficile ottimismo
(di
Felice Celato)
Forse
oggi sarei stato comunque di malumore; il perché non saprei dirlo; forse il
malumore è proprio uno stato del precordio che difficilmente si lascia
analizzare. Vi ero rassegnato, non ostante il sole, la passeggiatina, la
spremuta di melograno a Campo dei Fiori, la bella messa, etc.
Ma
lo sfoglio del giornale (la domenica in versione cartacea, da divano) mi ha
proprio depresso: a meno di un mese da ‘ste mitiche primarie del PD (è
inevitabile pensarlo: dopo quel che è successo e sta succedendo in Italia, un
barlume di confusa speranza politica può venire solo da quella parte) si stanno
evidenziando le crepe ideologiche, starei per dire culturali e mentali, di
quell’accozzaglia di disordinati capi fazione che, con mille riserve mentali e
in mezzo a reciproche diffidenze (e disprezzi), si sta “organizzando” per
presentare all’Italia, in primavera, un disegno “unitario” di ripresa e di
speranza come dice Bersani in quella raccolta di slogan (anche suggestivi) che
ha chiamato “10 idee per cambiare”.
Dalla
stolida polemica contro il sostenitore
di Renzi (con inevitabile seguito di minacce di querela e scuse goffe: ”non
parlavo di lui”), ai facili (ma stavolta azzeccati) commenti di Vendola sulla vicenda (con inevitabili oscure citazioni, da diverse
fonti -anche di sinistra- di Monte dei Paschi, Unipol, Penati etc) , ai balletti di D’Alema (di
cui ci siamo già occupati con remoto divertimento), alle sue minacce di
scissione (velate ed allusive come è nello stile oratorio dell’uomo) in caso di
vittoria di Renzi, alle dichiarazioni sempre di D’Alema a Berlino (Corriere
della sera, pg 6) all’unisono con Marcegaglia (“la riforma del lavoro ha
sostanzialmente allineato l’Italia alla media europea, a paesi come la Francia
e la Germania. L’Italia con le riforme Monti è sulla giusta direzione”),
assennate, direi, ma in stridente contrasto col programma del fido alleato
Vendola che delle riforme Monti vuol fare piazza pulita e con le esplicite
dichiarazioni del Responsabile Economico del PD, Fassina (vedasi suo articolo
su Il Foglio del 9 ottobre) che vuole “rottamare l’agenda Monti”, alle
dichiarazioni di Fioroni (anche lui un reduce da troppe lunghe ed estenuanti
beghe politiche) su “l’Italia con Bersani al centro, per un patto coi moderati”,
alle infinite beghe sulle “regole” delle primarie (che Renzi considera – non so
se a ragione, come sembra pensare Parisi – “una porcata” contro di
lui); tutto lascia pensare che si sia vicini ad un’implosione clamorosa delle contraddizioni
e delle ambiguità, della quale non è facile prevedere le conseguenze (ovviamente ben oltre l'ambito di un partito).
Io
credo che non abbiamo il diritto di compiangerci se (in mezzo a questo caos che alligna proprio dove – come sarebbe democraticamente logico –
potrebbero nascere le energie di un cambiamento) prosperano i fautori
dell’anti-politica, che già trovano ricco alimento in tante vicende istituzionali del
nostro paese e che potrebbero essere la tomba "greca"dell'Italia ancora dissestata (anche se, per antica consuetudine con la leggerezza, forse già - cessato il massimo allarme - non se ne rende più conto).
Qualche tempo fa ho commentato, su questo blog (il 21 marzo scorso), il bellissimo libro del
filosofo americano Roger Scruton (“Del
buon uso del pessimismo”, Lindau, 2011), che, per fortuna, mi offre – in
fondo oggi è domenica, il giorno del Signore – una via per prendere distacco da
questo tristo contesto: La religiosità,
afferma l’autore citando George Santayana, è
il riconoscimento da parte dello spirito della propria incarnazione….e chi ne è
assolutamente privo è senza radici e vaga di luogo in luogo, in un esilio
volontario, sempre querulo, sempre inquieto, sempre solo”.
Bene: allora, come è giusto per chi crede di avere radici, speriamo che Qualcuno illumini le teste bacate cui, forse, dovremo necessariamente affidare, senza garanzia di successo, il futuro dei nostri figli. Altri sembra non ci riescano.
Roma,
21 ottobre 2012
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