domenica 8 marzo 2020

Cronache dal lazzaretto

Cercando di guardare avanti
(di Felice Celato)
Dunque, pare (cfr. Ourworldindata, v. link, sotto) che l’Italia sia il quarto paese al mondo per numero di casi da Coronavirus (dopo Cina, South Korea e Iran) ed il secondo per numero di morti (qui abbiamo largamente scavalcato     Iran e South Korea) [NB: i dati sono aggiornati a oggi].
E dunque la situazione, oltreché grave, è anche seria (coincidenza che da noi, si sa, è rara); e difatti il Governo ha emanato, notte tempo, misure di straordinaria rilevanza civica (sicuramente le più severe a mia memoria) che stanno trasformando il paese in un grande lazzaretto, come il nostro Premier Umanista paventava per paradosso solo qualche giorno fa. Rinviato il referendum (il che, dicevamo qualche post fa, è l'unico risvolto positivo della situazione), ma anche chiuse le scuole, le università, le attività culturali (musei, teatri, cinema, etc), drasticamente ridotta la mobilità interna (in alcune aree addirittura interdetta, salvo motivazione); persino le funzioni religiose, funerali, matrimoni, etc. e in generale tutte le manifestazioni che determinino assembramenti (ancorché non sediziosi), sono state limitate e talora precluse.
Non mi azzardo a fare considerazioni sull’utilità, l’adeguatezza e la proporzionalità delle misure adottate, trattandosi di emergenza per la quale è doveroso presumere (salvo prova contraria) la responsabilità (tecnica e politica) di chi le ha assunte. Se dovessi giudicare dalla quella recentemente mostrata dal Governo degli Umanisti in materia di civiltà giuridica del paese, dovrei solo tremare.
Più alla portata della mia debole vista è cercare di gettare uno sguardo sulle (prevedibili) implicazioni economiche di questa straordinaria lazzarettizzazione dell’Italia.
Cominciamo dalla finanza pubblica. Nessuno è tanto fesso da criticare l’adozione di misure economiche per fronteggiare (direi meglio: attutire) i disastrosi effetti dell’incidente che ci è capitato; semmai destano amarezza due considerazioni: la prima – contingente ma tipicamente nostrana – riguarda la gara al rialzo che si è aperta nell’invocare “stanziamenti” da parte di tutte le parti politiche (di governo e di opposizione); qui il coro è unanime: stanziam, stanziam, stanziamo, 5?, no! 10, no! 30, no! 50, no! 100 miliardi di € (tanto i soldi li prendiamo a prestito!). La seconda – permanente ma anch’essa nostrana – mi ha rimandato alla semplice morale di Esopo, quella della formica e della cicala: “Che cosa hai fatto durante l'estate, mentre noi faticavamo per prepararci all’ inverno?” “Io? Cantavo e riempivo del mio canto cielo e terra!” “Hai cantato?” replicò la formica: “adesso balla! Cari politici-cicale (che riempite del vostro vacuo canto cielo e terra), i conti in ordine (come dite voi e qualsiasi cosa voglia dire) si mantengono durante l’estate perché, appunto, l’inverno non ci sorprenda sprovvisti di mezzi per fronteggiarlo! Non vorrei che qualcuno (chessò, magari i famosi mercati) abbia a dirci: adesso ballate! Intendiamoci: non accadrà (o meglio: non prevedo che accadrà) durante questa contingenza. Ma accadrà, inevitabilmente prima o poi, con restrizioni della quantità o rialzi del costo del nostro accesso ai mercati. Ma ce lo ricorderemo? Tenderei a dubitarne (e comunque, di questi tempi, una nuova estate delle nostre condizioni economiche, per fare tesoro di quel che ci ha insegnato la sventura, mi pare lontana).
E veniamo, infine, all’economia reale del Paese: non occorre essere degli economisti per capire cosa sta accadendo sul piano della domanda: gli alberghi sono vuoti, negozi, bar e ristoranti quasi vuoti, le strade urbane sono percorribili come fosse ferragosto; l’Italia è indicata fra i paesi a rischio [NB: fra impatto diretto ed indiretto, il turismo vale più o meno il 13-14% del nostro PIL]. I negozi sono semi vuoti, supermercati a parte. Facile prevedere una forte flessione (speriamo temporanea) del PIL, da contrazione della domanda (non foss’altro quella legata al turismo).
Più difficile invece, per il momento, mi è la percezione degli effetti della “peste” (o meglio: della dimensione dei suoi effetti) sul piano dell’offerta: certamente, a parte le ubbìe di un subitaneo re-shoring (che avrebbe anche poco a che fare con la natura del problema che ci occupa), il colpo alla produzione (e alla produttività) ci sarà e sarà duro. Dunque facile attendersi, anche sul lato dell’offerta, un effetto pesante sull’occupazione e sul PIL (e, come noto, se cala il PIL ma aumenta il debito….).
Fin qui quello che con i miei occhiali (appannati) riesco a vedere davanti. Da cittadino e da cattolico mi sembrerebbe appropriata qualche novena; ma le funzioni sono sospese …fino a nuovo ordine del Governo degli Umanisti, si intende.
Roma 8 marzo 2020 (Festa delle Donne, ma non ho visto in giro molte mimose)
N.B. I dati di ourworldindata sono in continuo aggiornamento; il sito, visitato nuovamente alle 20,30 di oggi 8 marzo, ci pone ora secondi anche nel numero dei casi rilevati.
https://ourworldindata.org/coronavirus

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